COSENZA «Ho conosciuto e a lungo frequentato Giacomo Mancini, ne avevo enorme stima e credo che mi volesse bene. In particolare quando mi congedai dalla vita politica venne a trovarmi e tentò di dissuadermi dal farlo, “sono ancora avvocato” mi disse e aggiunse “non sono mica male posso aiutarti”. Non avevo dubbio alcuno». Claudio Martelli ricorda Giacomo Mancini. E lo fa – al Teatro Rendano di Cosenza – in occasione di un convegno organizzato per il ventennale della morte del “Leone socialista”. Ministro, uomo di governo, leader di razza e sindaco di Cosenza, Mancini è senza alcun dubbio il politico calabrese più longevo. «Io, Mancini, Craxi, siamo tutti figli di Pietro Nenni – continua Martelli – convinti che l’autonomia per il partito socialista era come l’aria per respirare».
Ma il delfino di Craxi ricorda un periodo particolarmente tormentato della vita del partito socialista, uno dei tanti. «Mancini si convinse di dover essere essere il segretario del Partito Socialista unificato ma Saragat, all’epoca Presidente della Repubblica e leader dei socialdemocratici si oppose. Seguì la rottura e la scissione, questo fu un grave errore politico», confessa Martelli. Che aggiunge: «Giacomo fu decisivo nell’elezione a segretario di Craxi, ma il modo autoritario di governare il partito da parte di Bettino e il temperamento di Giacomo hanno creato una fase di conflitto, superata nel congresso di Palermo del 1981».
Ad attendere l’arrivo di Martelli al Teatro Rendano, anche l’ex sindaco di Rende Sandro Principe. Martelli si avvicina e scambia qualche battuta con il politico socialista rendese, e strappa la promessa di un imminente ritorno in Calabria, nel comune a lungo guidato da Principe per presentare il suo ultimo libro.
Sul presente, Martelli si mostra assai critico. «Se restasse la storia non sarebbe male, l’oblio che circonda tutta la storia politica italiana, non solo quella socialista, avanza a passi inesorabili e cerco di resistere, anche se a fatica». «Non sono un cultore del passato – aggiunge – ho scritto un libro che si chiama “Ricordati di vivere” che è il contrario di vivere di ricordi. Ne sono convinto, così come sono convinto che senza lotta non c’è speranza».
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