REGGIO CALABRIA L’ultima relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia (Dia) si sofferma sui profili evolutivi della criminalità organizzata evidenziando un sempre più frequente coinvolgimento di donne e minori «negli affari illeciti delle cosche», spesso anche con ruoli attivi e apicali.
«Sul punto – si legge – occorre evidenziare che nel semestre di riferimento si è rilevata nuovamente l’operatività dei “Teganini” ossia la frangia di giovani riconducibili alla cosca “Tegano”», che risulta dalle più recenti inchieste federata ai “De Stefano” e tra le principali del “mandamento Centro”.
«Il 20 maggio 2021 un avviso di conclusione delle indagini emesso dalla Dda di Reggio Calabria è stato notificato a 7 “Teganini” accusati di estorsione, favoreggiamento e resistenza a pubblico ufficiale con l’aggravante dalle modalità mafiose, commessi ai danni dei titolari dei locali del centro città».
Ne emerge ancora una volta un «dinamismo criminale» dei giovanissimi che richiede una riflessione in più anche sui metodi di contrasto alle cosche. Di fatto, in ottica preventiva, merita una particolare menzione il protocollo “Liberi di scegliere”, che permette a donne e minori cresciuti in contesti di ‘ndrangheta (e non solo) di crearsi altrove una vita alternativa. Il protocollo, nato dall’idea e dall’attività del tribunale dei minori di Reggio Calabria e dell’allora presidente Roberto Di bella, è stato nel tempo sottoscritto da diversi ministeri. «Ma non basta», ha sottolineato don Luigi Ciotti, presidente di Libera, durante il discorso dell’ultimo 21 marzo, giornata “della memoria e dell’impegno”, chiedendo una legge che tuteli queste persone. I «figli della ‘ndrangheta», aggiunge la Dia, «sono considerati la componente più debole dei clan». Per tale «l’iniziativa si pone l’obiettivo di restituire loro “la libertà di scegliere il proprio futuro” attraverso percorsi personalizzati di sostegno e di inclusione sociale. A questo proposito si sottolinea l’importanza dello sforzo sinergico di tutti gli attori istituzionali nel far fronte comune contro le mafie che pertanto costituisce la via maestra per colpire con efficacia la capacità operative delle organizzazioni i tipo mafioso».
Aspetto di interesse è anche quello legato all’evoluzione del ruolo della donna all’interno della ‘ndrangheta. In questo senso la Dia cita espressamente «l’attività illecita delle donne della famiglia “Soriano” (di Filandari, ndr) che sono risultate protagoniste anche nella tenuta dei rapporti coi singoli “pusher” e nell’amministrazione dei proventi illeciti». Il 26 giugno 2021, infatti, un’operazione dei carabinieri tra Calabria e Lombardia (nel territorio di Monza Brianza) ha portato all’applicazione di un provvedimento restrittivo disposto dalla Corte d’Appello di Catanzaro nei confronti di 5 esponenti del locale di Filandari appartenenti alla famiglia “Soriano” ritenuti responsabili di traffico di stupefacenti. Una caratteristica molto rilevante nelle “famiglie” di ‘ndrangheta ma non esclusiva come la Dia sottolinea anche con riguardo alla criminalità organizzata siciliana (specie con riguardo a indagini svolte sul territorio di Catania). (f.d.)
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