CATANZARO Il Tribunale del Riesame di Catanzaro – presidente Filippo Aragona, a latere Sara Mazzotta e Roberta Cafiero – ha accolto l’appello con il quale la Dda di Catanzaro chiedeva la misura cautelare in carcere nei confronti dell’avvocato Giancarlo Pittelli, imputato nel processo Rinascita Scott con l’accusa, tra le altre, di concorso esterno in associazione mafiosa. La decisione del Riesame non è immediatamente esecutiva perché si dovrà attendere la decisione della Corte di Cassazione.
La Dda contestava, nell’appello, le motivazioni del Tribunale di Vibo Valentia – presidente Gilda Danila Romano, a latere Germana Radice e Francesca Loffredo – di avere accolto la richiesta di scarcerazione dell’imputato, tornato in carcere dopo avere spedito, dai domiciliari, una lettera al ministro Carfagna trasgredendo all’obbligo di non avere contatti con l’esterno tranne le persone con le quali abita. Secondo la distrettuale di Catanzaro. Il Tribunale di Vibo Valentia ha deciso sulla scarcerazione di Giancarlo Pittelli «senza nemmeno attendere l’intero decorso dei “due giorni successivi” previsti (…) affinché l’Ufficio del Pubblico ministero esprima il suo parere». Un parere che, «qualora fosse stato atteso, avrebbe consentito al Tribunale di Vibo Valentia di valutare anche i contenuti dell’informativa» del Ros di Roma «dalla quale (…) può agevolmente evincersi come non si sia aggravato soltanto il quadro indiziario a carico di Pittelli, ma anche quello delle esigenze cautelari». Il Tribunale, inoltre, non evidenzierebbe «nessun elemento di novità per giustificare il mutamento della valutazione del quadro delle esigenze cautelari» rispetto alla situazione che aveva indotto il collegio a disporre il ritorno in carcere di Pittelli.
La messe di atti che la Dda ha depositato davanti al Riesame è corposa e riguarda diverse trasgressioni che l’imputato avrebbe commesso, compreso l’essersi intrattenuto a parlare con due giornalisti di Studio Aperto Mag mentre si trovava ai domiciliari. Il collegio concentra però le motivazioni della propria decisione prevalentemente nella contestazione mossa contro l’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia di concedere la pena meno afflittiva dei domiciliari due mesi dopo avere applicato la misura cautelare in carcere per via della lettera inviata al ministro. Un’ordinanza che i giudici del Riesame valutano «affetta da vizi di logicità, ragionevolezza e coerenza argomentativa».
Per quanto riguarda tutti gli atti allegati dall’accusa a integrazione dell’atto di appello (articoli di giornale, il video integrale dell’intervista a Studio Aperto, interpellanze e interrogazioni parlamentari), aventi ad oggetto le ulteriori violazioni delle prescrizioni commesse da Pittelli a seguito dell’applicazione della misura cautelare domiciliare, secondo il Riesame non possono essere oggetto di analisi da parte dei giudici «in quanto si tratta di circostanze ed eventi non valutati dal giudice di prime cure (e neppure valutabili, in quanto successivi al provvedimento gravato)».
Il Tribunale di Vibo aveva ripristinato la misura cautelare dei domiciliari, in luogo del carcere, dopo due mesi motivando la decisione con riferimento al comportamento dell’imputato. Ma secondo il Riesame queste motivazioni non rappresentano «elementi di novità suscettibili di poter ritenere mutato il quadro cautelare preesistente e già valutato dal Tribunale di Vibo Valentia a seguito del comportamento tenuto dal Pittelli, violativo delle prescrizioni imposte (e che, peraltro, si inserisce nella valutazione complessiva della grave sussistenza delle esigenze cautelari già ravvisate, nel caso di specie, sia dal Tribunale del Riesame sia dalla Suprema Corte di Cassazione».
Il Tribunale del Riesame non accoglie le argomentazioni difensive volte a «sminuire l’efficacia e la rilevanza delle comunicazioni intercorse dal Pittelli con la ministra Carfagna, anzitutto, non è oggetto di analisi da parte del presente appello cautelare (in quanto già valutato dal primo giudice in sede di aggravamento ma) inoltre, non consente di ritenere in alcun modo affievolite le esigenze cautelari già ritenute aggravate dal primo giudice con il provvedimento di applicazione della misura carceraria, posto che il prevenuto (Pittelli, ndr), non soltanto risulta aver violato la prescrizione imposta dal giudice della cautela di non comunicare con soggetti diversi da quelli che con lui convivono ma si era rivolto, per chiedere aiuto per la propria vicenda processuale e personale ad un ministro della Repubblica italiana, conosciuto tramite il proprio pregresso lavoro di parlamentare, sfruttando proprio entrature e conoscenze (già valutate come pericoloso e allarmante canale e veicolo di reiterazione dei reati della stessa specie per cui si procede) in sede di applicazione della misura cautelare originaria nonché ritenute indice di pericolo di reiterazione del reato dal Tribunale della libertà in sede di riesame». (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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