REGGIO CALABRIA Si sono avvalse della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio di garanzia, davanti al gip di Reggio Calabria, Karin Catalano, Anna Maria Mangiola e la figlia Maria Saveria Modaffari assieme a un’altra figlia, Fortunata Giada, arrestate nell’ambito dell’inchiesta “Lucignolo” sui diplomi falsi sfornati dal centro di formazione “Unimorfe”.
L’indagine della Guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Reggio Calabria, ha svelato un vero e proprio «mercato del falso attivo su tutto il territorio nazionale e nei settori più disparati della formazione», una sorta di diplomificio che sarebbe stato messo in piedi da madre e figlie. Per l’accusa le tre donne avrebbero truffato centinaia di persone con corsi di formazione falsamente convenzionati con il Miur.
Maria Saveria Modaffari ha deciso di non rispondere alle domande del giudice per le indagini preliminari, motivando che le sue condizioni di salute non le hanno consentito di leggere l’ordinanza di arresto. La sorella minore Fortunata Giada, detenuta a Roma nel carcere di Rebibbia, invece, avrebbe tentato un gesto autolesionistico. Pochi minuti prima dell’interrogatorio di garanzia, infatti, si è lievemente ferita alle braccia utilizzando il ferretto della mascherina anticovid.
Prima di chiedere un rinvio dell’interrogatorio per motivi di salute, ha comunque risposto al gip dichiarandosi estranea alle accuse e sostenendo di aver svolto semplicemente il ruolo di avvocato nell’interesse della madre e della sorella. Tutte e tre le indagate, difese dall’avvocato Guido Contestabile, sono accusate dal procuratore Giovanni Bombardieri e dal pm Paolo Petrolo di essere le promotrici di un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe, falsi e autoriciclaggio. Dopo gli interrogatori di garanzia, il gip Catalano ha chiesto una relazione sullo stato di salute di Maria Saveria e Fortunata Modaffari.
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