VIBO VALENTIA «Sovente il processo penale ci mette nella condizione di essere come i prigionieri nel mito della caverna di Platone, che vedendo solo le ombre bidimesionali proiettate sul muro, non potevano afferrare la natura tridimensionale degli oggetti.
Il processo “Rimpiazzo”, definito dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia, ha dimostrato che Nicola Barba, imputato di estorsione pluriaggravata, non è stato un mafioso, non ha agevolato alcuna organizzazione criminale, non ha usato alcun metodo evocativo delle mafie». È quanto riferisce in una nota Diego Brancia, difensore di Nicola Barba.
«Nicola Barba ha ricevuto delle somme da un noto imprenditore del settore della comunicazione, e le ha dovute consegnare. Barba Nicola, però, non ha mai consumato alcuna estorsione, tanto che il Tribunale ha sentenziato con la formula “per non aver commesso il fatto”. In conclusione ritengo che abbia prevalso la natura tridimensionale dell’accertamento processuale; ritengo – conclude Brancia – che la luce abbia diradato le ombre fosche».
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