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«Calabria Straordinaria la logica del “vecchio amico”»

«Del resto guardare ai vecchi amici per chiamarli a un qualche ruolo pubblico è una consuetudine della politica, a qualunque latitudine»

Pubblicato il: 13/04/2022 – 22:10
di Gioacchino Criaco
«Calabria Straordinaria la logica del “vecchio amico”»

È semplice il candore con cui Anton Giulio Grande affermi di essere un vecchio amico del governatore. Elemento che insieme alla bravura costituisce la dote che lo ha portato al vertice della Calabria Film Commission. E il fatto che venga dalla moda non significa nulla, magari sarà ancora più bravo nell’occuparsi di cinema. E nemmeno il fatto che sia stato mandato via Giovanni Minoli, monumento della comunicazione, del giornalismo, padre di un posto al sole, significa nulla. Del resto guardare ai vecchi amici per chiamarli a un qualche ruolo pubblico è una consuetudine della politica, a qualunque latitudine, qualsiasi livello: chi riporta vittorie elettorali forma, in genere, squadre fondate sull’elemento fiduciario della conoscenza personale. E se uno ha la fortuna di avere amici in gamba, il gioco è fatto: si rende un servizio al bene comune, si rafforza un sentimento di vicinanza. Se non un due piccioni con una fava, siamo lì vicino. Che poi, pure Minoli era amico della Santelli. Il problema dell’amicizia potrebbe sorgere, semmai, quando al di fuori della propria cerchia amicale ci sarebbero persone più in gamba degli amici: gente capace di fare di più e meglio. Ma vatti a fidare di chi non conosci, vatti a fidare di chi è bravo ma è senza amici. Prima regola della politica è non solcare l’ignoto, restare in un campo ristretto e, soprattutto, tenere alla larga chi potrebbe farti ombra. Le scelte umane sono fondamentali, ma rivelano, al di là degli slogan, le visioni, i progetti, dove si andrà a parare. E, se negli intenti della Santelli c’era l’idea di fare del cinema un’industria: studi e serie per dare lavoro. La scelta di Grande rivela un’altra idea: fare immagine, comunicazione. Tutt’e due le idee hanno pari dignità, pari valore, senza graduatorie di merito. Da Santelli a Occhiuto si passa dal cinema come industria al cinema come attrattore turistico, con un passaggio a sfere di competenze diverse. Si abbandonano le serialità, gli studios chissà, e si va alla narrazione. Ancora, nel solco di tutte le giunte precedenti, a un nuovo racconto, e ovviamente straordinario, della Calabria. Si accantona, ancora una volta, la sostanza e si continua nel solco dell’immagine. E allora si accendono i fuochi d’artificio: una bellezza femminile, uno stilista. La già vista Calabria glamour, che ha avuto la propria apoteosi con Peppe nostro, e trova una riedizione con i dioscuri della camicia, Francesco e Roberto, il bianco dallo Stretto al Pollino. E la continuità del metodo, sempre e comunque quella del vecchio amico, per evitare sorprese e idee che potrebbero non essere funzionali a una Calabria Straordinaria.

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