CATANZARO Si chiama Roman ha 62 anni e vive a Leopoli, cittadina Ucraina a 70 chilometri dal confine con la Polonia, il paziente che è stato ricoverato il 4 Aprile scorso presso la Cardiologia dell’Azienda Ospadaliero-Universitaria Mater Domini di Catanzaro.
Il paziente era in attesa di sottoporsi, nella città ucraina, ad un intervento di rivascolarizzazione coronarica salvavita che avrebbe dovuto effettuare proprio il 4 Aprile. Nessuno avrebbe potuto immaginare quello che sarebbe successo da lì a breve. «Pensavamo fossimo salvi, pensavamo fossimo lontani dalla guerra e invece la guerra è arrivata anche a Leopoli», ha raccontato il paziente che, dal 24 febbraio, ha vissuto quotidianamente sotto il rumore degli allarmi aerei e delle esplosioni a pochi passi dalla propria abitazione.
Il 26 Marzo inizia il viaggio di Roman che insieme alla moglie è riuscito a raggiungere il confine con la Polonia e, una volta arrivato a Cracovia, si è imbarcato su un volo diretto a Lamezia Terme per raggiungere una parente per recarsi, su consiglio di una struttura ospedaliera di Bologna, presso la Cardiologia del Policlinico dell’Università di Catanzaro.
Roman il 5 Aprile scorso è stato sottoposto ad intervento di rivascolarizzazione coronarica percutanea con impianto di sette stent coronarici. Una procedura complessa effettuata dal Professore Ciro Indolfi insieme a tutta l’equipe, composta dai dottori Annalisa Mongiardo e Alberto Polimeni, l’infermiere Antonio Pilò e il tecnico Concetta Procopio, che ha permesso di ridare la vita a Roman che vuole tornare al più presto in Ucraina dal figlio di 25 anni e dai suoi genitori.
«Aiutare chi soffre è stata la missione della nostra Cardiologia da quando sono arrivato in Calabria – ha dichiarato il professor Ciro Indolfi – e poter dare anche un piccolo aiuto, come in questo caso, testimonia il volto solidale della Calabria. Possiamo essere orgogliosi di aver introdotto le tecniche più innovative, come lo stent e le valvole cardiache impiantate senza bisturi, così come è accaduto con quest’ultimo paziente, effettuando più di 40mila procedure invasive e arginando significativamente l’emigrazione sanitaria che era la regola non molti anni fa».
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