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messaggio per la pasqua

Schillaci: «Che la tutela dei più fragili guidi le scelte istituzionali»

Il vescovo di Lamezia: «Faremmo bene a ripudiare tutti la guerra in ogni forma. La Calabria sta dimostrando di essere terra di accoglienza»

Pubblicato il: 15/04/2022 – 12:15
Schillaci: «Che la tutela dei più fragili guidi le scelte istituzionali»

LAMEZIA TERME «Il mondo intero, da più di due anni a questa parte, sta attraversando momenti davvero difficili. A causa dell’esplosione della pandemia da Covid-19 tutta l’umanità si sta confrontando con un periodo di grande incertezza, di pericolo, di paura, di angoscia, per sé, per i propri cari, per tutti; stiamo tutti vivendo momenti di preoccupazione per la nostra vita. Gli eventi, sovente, ci spingono a chiuderci, trincerandoci, vuoi per difesa della nostra vita personale, vuoi anche perché temiamo per la vita degli altri. Il mio auspicio – si legge nel messaggio di Pasqua del vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci – è che sia questo principio a guidare le scelte personali, ma in particolare quelle istituzionali: la tutela delle persone più fragili, più vulnerabili, più bisognose, più povere.
La morte, purtroppo, con la pandemia ha bussato alle porte delle nostre case, molte volte e in molti modi: quanti parenti, amici, conoscenti; tanti, troppi. Una pandemia che ha portato dolore, sconforto, paura, smarrimento, tristezza; credevamo fosse, come lo è ancora, cosa molto gravosa e preoccupante, ma come se non bastasse ecco presentarsi un’altra calamità: una guerra. Quest’ultima si aggiunge alle tante guerre a pezzi, come più volte ci ricorda papa Francesco, combattute e spesso censurate, nel nostro tempo e sul nostro pianeta. Faremmo bene tutti a ripudiare definitivamente la guerra in ogni sua forma, a partire dal nostro pensare, dal nostro modo di parlare, per giungere ai nostri comportamenti. Da diversi giorni, ormai, non si parla altro che di scontri, e non vediamo altro che immagini, purtroppo reali, di battaglia, di distruzione, e ancora di morte; sto dicendo di un conflitto che covava da anni in seno all’Europa: tra Russia e Ucraina. Mai più la guerra! aveva detto Paolo VI in un famoso discorso pronunciato all’Onu il 4 ottobre del 1965. Mai più gli uni contro gli altri, perché, drammaticamente, con la guerra si mette fine alla convivenza umana e tutto è perduto. Sappiamo, o meglio ci pare evidente, che la guerra distrugge, la pace costruisce! La guerra non può essere pensata, programmata e attuata come metodo e strumento per la risoluzione dei conflitti. Citando John Kennedy, Paolo VI diceva a tal proposito: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità”. Perciò il Santo Padre auspicava: “Non più la guerra, non più la guerra! La pace, la pace deve guidare le sorti dei Popoli e dell’intera umanità”. Siamo dinanzi ad un appello di grande portata, più volte ripreso dai Pontefici del ‘900: dall’inutile strage di Benedetto XV nel 1917, all’alienum est a ratione di Giovanni XXIII della Pacem in terris del 1963; dall’avventura senza ritorno di Giovanni Paolo II nel 1991 fino agli ultimi appelli di Papa Francesco nei quali egli chiede di porre fine alla follia della guerra e al conseguente massacro di vite umane innocenti. La guerra – ci dice ancora papa Francesco – “Non dimentichiamo: è una crudeltà, disumana e sacrilega!” (Angelus del 20 marzo 2022).
Facciamo in modo che ritornino alla mente e ai cuori questi ripetuti appelli, che si sono succeduti nel tempo, perché il nostro mondo non ricada più nella barbarie e nell’orrore della guerra, che lascia gli uomini in preda degli istinti più distruttivi della propria e dell’altrui umanità, come l’odio, il rancore, la vendetta, la prevaricazione, la violenza. Ogni guerra, non dimentichiamolo mai, lascia che prevalga negli uomini l’irrazionalità che mina alla base le relazioni tra le persone umane e la pacifica convivenza sociale e civile tra i popoli, seminando, insieme alla morte e alla distruzione, solo traumi, dolore, ferite, che non sarà facile lenire, sanare, guarire. Perciò non può mai esistere una “guerra giusta” perché a pagarne il prezzo più alto è sempre chi conta poco e niente: i bambini, le donne, gli anziani, i poveri. Si tratta di persone in fuga che, adesso, stiamo cercando di accogliere anche nella nostra terra di Calabria, grazie al grande cuore della nostra gente che ha risposto prontamente e generosamente ad iniziative di solidarietà. Tutto questo manifesta, una volta di più, come la nostra Calabria è bella non solo per il paesaggio, i mari, i monti, le tradizioni, la cultura, ma soprattutto per la mente e il cuore delle persone che la abitano! Mi sento di esortarvi tutti, fratelli e sorelle, ad accogliere chiunque giunge da noi, ma con dignità. Proviamo a fare bene il bene! Per questo è sempre più urgente, da parte nostra, ritrovare il significato più profondo della nostra esistenza, che può, certamente, aiutarci a capire che non si vive pensando prima di tutto all’altro come a un nemico o a una minaccia per la nostra (la mia) esistenza personale, per il nostro (il mio) gruppo, per la nostra (la mia) comunità. L’altro e gli altri non esistono per togliere qualcosa alla mia, alla nostra e all’altrui esistenza, ma per arricchirla sempre di più. L’altro è un dono, è una risorsa. Siamo circondati di doni, di risorse infinite. L’altro è una persona da considerare sempre come un fine mai come un mezzo. La diversità di cultura, di razza, di lingua, di religione, di sesso, fanno la ricchezza e la bellezza della nostra umanità.
Il pericolo nasce quando si afferma il pensiero unico, l’omologazione; quando prevale quella visione totalitaria che non solo nega la diversità e la pluralità, ma impedisce che le alterità, presenti in natura e nella vita in generale, possano esprimersi, manifestarsi e svilupparsi nella loro unicità e originalità. Perciò è sempre più urgente educare all’inclusione e all’accoglienza di colui che è diverso, che è altro da me perché unico. In questo senso l’altro viene sempre prima di me! Appare sempre più urgente, oltre che necessario, uscire dal paradigma secondo cui la vita umana consista essenzialmente nell’avere, nel possedere sempre di più, accumulare per accrescere il proprio potere, la propria forza, diventare più importante, sovrastare e dominare gli altri. Usciamo definitivamente da questa logica che spinge l’uomo a prevalere sull’altro, a vincere a tutti i costi, che ha come unico scopo mettere sé stesso al centro di tutto e di tutti. Bisogna, invece, non  smettere   di desiderare di imparare dagli altri, dalla storia, dalla cultura, dalla natura che ci circonda, dalla ricchezza della realtà con la quale ogni giorno ci confrontiamo. Certamente essa non si presenta a noi sempre docile, arrendevole, semplice, ma rimane pur sempre straordinaria. Educhiamoci ed educhiamo allo stupore, alla meraviglia, nei confronti della realtà e della vita degli altri da cui non finiremo mai di apprendere qualcosa. Forse è necessario che ciascuno di noi liberi il proprio desiderio di bene che custodisce nel proprio cuore, perché possiamo sempre più “imparare ad imparare”. Si impara da tutti, da quelli che la pensano come me o come noi, ma anche da coloro che non la pensano come me o come noi; come si impara non solo da coloro che contano, per fama, per conoscenze, per competenze, ma anche da coloro che, pensiamo, non contino, non valgano proprio nulla. Impariamo dai più piccoli: “Se non diventerete come bambini non entrerete nel regno dei cieli” (Mt 18, 1-5) – Così risponde il Signore Gesù ai suoi discepoli che gli domandano: chi è il più grande nel regno dei cieli? – Egli dice questo chiamando e ponendo in mezzo a loro, a quelli che sono e che saranno i suoi discepoli, un bambino. In questa significativa pagina del Vangelo, di gesti e di parole, proviamo a collocare anche il nostro cammino sinodale che, come Chiesa, abbiamo intrapreso e che ci accompagnerà per i prossimi anni. Non smettiamo di ascoltare cosa dice lo Spirito alla nostra Chiesa, non smettiamo di ascoltare la Parola, non smettiamo di ascoltare gli altri, di ascoltare tutti con grandezza d’animo, apriamo sempre più la nostra mente, il nostro cuore: facciamolo senza barriere, senza preconcetti, soprattutto senza paura! Dilatiamo gli orizzonti personali, sociali, culturali, religiosi. Non smettiamo di pensare in grande – conclude il vescovo Schillaci – non smettiamo di sognare in grande!»

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