ROMA Dal giorno di Pasqua porti italiani proibiti per tutte le navi battenti bandiera russa. Il divieto riguarderà anche le imbarcazioni che hanno cambiato bandiera dopo il 24 febbraio, il giorno in cui i carri armati di Vladimir Putin hanno invaso l’Ucraina: la misura è contenuta in una circolare del Comando generale delle Capitanerie di Porto e Guardia Costiera che recepisce la direttiva dell’Unione europea dell’8 aprile scorso con la quale sono state introdotte le ulteriori sanzioni nei confronti della Russia.
Oltre al blocco delle navi, il pacchetto approvato a Bruxelles dai 27 ambasciatori degli Stati membri prevede una graduale eliminazione all’import di carbone, che vale 4 miliardi di euro l’anno, lo stop alla circolazione dei tir di Mosca sulle strade Ue, ulteriori divieti all’export di prodotti high-tech verso la Russia, tra i quali i semiconduttori avanzati e computer quantistici.
Altre misure riguardano poi il divieto per le imprese russe di partecipare agli appalti pubblici nei paesi dell’Unione, quello per altre quattro banche di effettuare transazioni con l’Ue e l’allargamento dei nominativi delle personalità russe inserite nella black list.
Per il blocco delle navi, invece, l’Ue ha previsto alcune eccezioni che riguardano il trasporto di aiuti umanitari, cibo ed energia. Indicazioni che sono state recepite nella circolare del Comando generale della Guardia Costiera relativa proprio alle ‘Misure restrittive in considerazione delle azioni della Russia che destabilizzano la situazione in Ucraina’ e indirizzata ai comandi sul territorio e anche, tra gli altri, alla Farnesina, al Viminale e all’Agenzia delle Dogane.
Nel documento si fa in particolare riferimento all’articolo 3 sexies bis del Regolamento Ue che, appunto, «vieta l’accesso ai porti nazionali alle navi di bandiera russa, dopo il 16 aprile 2022»: una misura che, aggiunge la circolare, «si applica anche nei confronti delle navi che abbiano cambiato la propria bandiera, da russa a qualsiasi altra nazionalità, dopo il 24 febbraio 2022».
Proprio su quest’ultimo punto la Guardia Costiera sottolinea che nel caso in cui le verifiche sul passaggio di bandiera da uno Stato all’altro «non possano essere valutate con certezza» sulla base delle banche dati a disposizione, si dovranno rintracciare le informazioni nel “Continuous Synopsis Record”, vale a dire una sorta di registro detenuto dall’autorità marittima dove viene riportata tutta la vita di una nave.
Il divieto di approdo include anche la possibilità di gettare l’ancora in rada e riguarda in particolare «ogni nave da passeggeri e le navi da carico» con tonnellaggio superiore alle 500 Gt (gross tonnange, stazza lorda) «impiegate in attività commerciali ed in navigazione internazionale».
Non si applica dunque alle navi che hanno bisogno di assistenza o rifugio, che richiedono di poter accedere ai porti per motivi di sicurezza marittima o che hanno salvato vite in mare. E non si applica alle imbarcazioni da diporto, ad eccezione di quelle che svolgono attività commerciali, come il noleggio. Significa ad esempio che uno yacht di un oligarca non inserito nella black list Ue può entrare e uscire senza problemi dai porti italiani.
Ma che succede alle navi che sono già nei porti? Al momento, fanno sapere le Capitanerie, non ci sono navi russe nei porti italiani. In ogni caso, poiché il Regolamento europeo non dà indicazioni specifiche a riguardo, sono stati chiesti una serie di chiarimenti alla Commissione europea e quest’ultima ha risposto che se un’imbarcazione russa si trova in un qualunque scalo europeo, potrà «permanere in porto fino al completamento delle proprie attività commerciali» e poi dovrà lasciarlo. (Ansa)
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