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l’incontro a lamezia

Per il “mare che verrà” non servono miracoli. Ma «sei mesi non bastano» – VIDEO

Non solo depuratori, per Silvio Greco «il problema è più complesso, abbiamo una mole di nuovi dati». Amalia Bruni: «È iniziato un lavoro serio»

Pubblicato il: 21/04/2022 – 10:45
di Giorgio Curcio
Per il “mare che verrà” non servono miracoli. Ma «sei mesi non bastano» – VIDEO

LAMEZIA TERME Il timore che anche quest’estate le condizioni del mare ci faranno vergognare c’è eccome. Forse perché i calabresi sanno già cosa aspettarsi o forse perché alle promesse non ci si crede quasi più. Eppure i presupposti affinché i litorali calabresi siano più puliti rispetto alla scorsa stagione estiva ci sono tutti, e non si tratta di promesse, tutt’altro. A maggior ragione sulla costa lametina, da Falerna a Pizzo. Nessuno si aspetta miracoli e nessuno ha promesso un radicale cambiamento, ma gli ultimi mesi intensi di lavoro hanno consentito di individuare innanzitutto i punti critici, poi anche le soluzioni. 

Dal protocollo alla prima maxi operazione

In campo ci sono – e questa ormai non è più una novità – due Procure (Lamezia Terme e Vibo Valentia), oltre all’esperto Silvio Greco e la stazione “Anton Dohrn”, Arpacal e Regione Calabria. A testimonianza dell’impegno profuso finora c’è la maxi operazione di qualche settimana fa. Un segnale importante che fa capire che la strada imboccata è quella giusta. «Tutto è partito dalla firma della convenzione con la Procura di Vibo, insieme a Camillo Falvo» spiega proprio Silvio Greco ai microfoni del Corriere della Calabria «perché il nostro obiettivo, l’obiettivo di tutti, è quello di mantenere efficace ed efficiente l’ecosistema marino e quello della depurazione è solo uno degli aspetti».

Silvio Greco

Non solo depuratori

I problemi individuati finora, però, vanno ben oltre la narrazione estiva e ormai di comodo. Per Silvio Greco, infatti, ci sono i fattori «legati agli sversamenti illegali, la mala gestione del sistema agricolo. In particolare a Lamezia, ma anche nel Vibonese. Ad influire in larga parte è l’attività agricola e zootecnica, oltre alle piccole imprese meccaniche o lavanderie che scaricano direttamente a mare». «Abbiamo già messo insieme una grande mole di informazioni, perché la collaborazione con la Capitaneria di Porto e in particolare la Guardia di Finanza, grazie all’elicottero dotato di un avanzato termo scanner, siamo riusciti a mappare un po’ tutto il reticolo dei contaminanti. Da questi dati esce fuori che il problema non è solo quello della mala depurazione, ma ben più complesso». «Bisogna fare ora dei passi concreti. Insieme al presidente Occhiuto – spiega ancora Greco – abbiamo predisposto una serie di iniziative per poter affrontare in maniera più “serena” la prossima stagione balneare».

«Sei mesi non bastano»

Poi il monito: «Sia chiaro, queste cose non si fanno in sei mesi. Ma rispetto alle altre volte ci sono chiare volontà a cominciare dal perseguimento dei reati ambientali. Purtroppo si tende a pensare che quelli ambientali non siano reati, i calabresi dovrebbero ricordare che tutto quello che accade nel nostro ecosistema in un modo o nell’altro si rifà nella nostra salute». 

I rischi per la salute

C’è poi un altro tema, troppo spesso accantonato e legato alle ricadute sulla salute dei calabresi. Ad accendere i riflettori ancora una volta è proprio Silvio Greco. «Il tema vero, infatti, è che abbiamo un problema nella nostra regione legato ad una serie di patologie e malattie degenerative che normalmente si riscontrano in territori ad alta vocazione industriale, come le regioni nel Nord Italia, ma qui non abbiamo tutte queste grosse industrie. E questo è solo dovuto all’inquinamento ambientale». Secondo Greco inoltre dobbiamo ricordare che «tutti dobbiamo fare la nostra parte, i sindaci prima di tutti. Poi i cittadini, penso a quelli che hanno la casa a mare e chiamano, ad esempio, l’auto spurgo. Bisogna pagare le fatture, non si scherza perché uscendo dalle abitazioni senza fattura possono scaricare nel primo fosso che trovano perché non hanno alcun obbligo e poi ci ritroviamo tutto a mare. Chi ha imprese, poi, deve farlo ancora di più, lo sversamento illegale avviene perché si vuole risparmiare qualche euro, poi però i problemi ricadono su tutti i cittadini». 

«Il mare che verrà»

Ad organizzare l’evento “Il Mare che verrà” al Comune di Lamezia Terme, moderato dal giornalista Ugo Floro, è stata la consigliera regionale Amalia Bruni. Presenti, oltre al sindaco Paolo Mascaro, il presidente del consiglio comunale Giancarlo Nicotera, anche il capogruppo del M5S, Davide Tavernise, il consigliere regionale Raffaele Mammoliti, e Anna Rosa, rappresentante della nuova nata associazione “Uniti per il Golfo di Sant’Eufemia”. Ed è proprio Amalia Bruni a porre subito l’accento sul vero senso dell’incontro: «Questo lavoro va ben oltre la stagione turistica anche perché i dati non sono così entusiasmanti nel breve termine almeno. Ma è iniziato un lavoro serio, una iniziativa che parte dai cittadini: tutto è iniziato da una collettività che si è rimboccata le maniche, protestando nella maniera corretta, rivolgendosi a figure sensibili come il procuratore di Vibo, Camillo Falvo e Salvatore Curcio di Lamezia Terme. La politica poi ha fatto il resto e devo ammettere che Occhiuto ha poi messo a punto con merito la task force con l’Arpacal e la stazione Anton Dohrn”, quella che monitora e mette la parte tecnica scientifica fondamentale per capire lo stato dell’arte». 

«Il mare è un patrimonio non solo estivo»

«Il mare non è un problema solo stagionale, è un patrimonio di cui noi ci nutriamo, non possiamo farne a meno e quindi la programmazione di un ambiente che sia a misura d’uomo parte da auspici corretti, con le forze messe insieme nel momento giusto e la collettività non deve dimenticarlo perché deve essere pronta non solo ad essere sensibile all’argomento quando si parla del mare sporco ma deve sentirsi responsabile sia che getti il rifiuto a mare, sia soprattutto che assista a cose drammatiche che vanno denunciate. Dobbiamo essere cittadini informati, proattivi, cittadini che hanno voglia di cambiare perché di rimboccano le maniche». «Ho organizzato questo evento proprio per dare il senso del cammino che va fatto, un percorso lungo che non si esaurirà mai, ma è cominciato e che dobbiamo portare avanti».  

«La politica non hanno fatto nulla per vent’anni»

Più decisa nei toni Anna Rosa, guida di quell’associazione che – spiega subito – non è «un impiego, noi abbiamo tutti un lavoro. Il nostro gruppo è puro volontariato». «L’ambiente non ha colore politico, non importa se c’è il Pd o il M5S a questo tavolo, ho incontrato anche molti sindaci di destra. Ma se noi continuiamo a ragionare in questi termini non andremo mai avanti. Il dottore Greco sta certificando quello che da 20 o 30 anni sapevamo. Ci sta dicendo che la situazione è tragica perché i politici di tutti i colori non hanno fatto nulla in questi anni e non giustifico nessuno, neanche le Procure. Solo ora quella di Vibo e di Lamezia si sono mosse, ma i procuratori passati che hanno fatto? E la Capitaneria di Porto in questi anni cos’ha fatto? Nessuno del nostro gruppo ha bisogno di farsi vedere, siamo tutti professionisti». «Rimbocchiamoci un po’ tutti le maniche, ne abbiamo bisogno perché sporcare il mare è un atto delinquenziale». «Io – sottolinea ancora – andai da Falvo, ma la Procura però interviene quando il danno è già fatto. Se la politica non mette i soldi per riparare i depuratori o non mette i soldi per non farne di nuovi, a cosa serve il lavoro delle Procure?». «Occhiuto e Nesci si presero l’impegno, dissero “c’è un Pnrr” e da lì tutto deve iniziare. Abbiamo parlato di fatti o solo di parole? Anche perché abbiamo chiesto di essere ascoltati dalla Regione, anche dalla Commissione ambiente, e ci hanno detto “non siamo competenti” e allora io mi chiedo: fate capire se ci sono i soldi e se ci sono, cosa ne stiamo facendo? Non si possono interessare le persone sempre solo per il voto. Io insegno l’educazione civica ai miei alunni, ma dobbiamo impararla anche noi. Il mare è davvero tutto, mi offendono ma io vado avanti. Perché il mare è economia per una terra disgraziata come la nostra, è turismo. Lo dobbiamo ai nostri figli, a quelli che tornano nella nostra terra». (redazione@corrierecal.it)

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