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operazione “magnifica”

La caccia ai «traditori» prima del voto per il rettore. E l’avvertimento di Catanoso a Irto: «Non si occupi di fatti accademici»

Le censure del gip: «Sistema soffocante, il personale interno non è libero di autodeterminarsi». L’invito a Zimbone («ma quale programma… fai telefonate») e i commenti malevoli sull’Unical («là è…

Pubblicato il: 22/04/2022 – 17:26
di Pablo Petrasso
La caccia ai «traditori» prima del voto per il rettore. E l’avvertimento di Catanoso a Irto: «Non si occupi di fatti accademici»

REGGIO CALABRIA Sono inquietanti le parole che il gip del Tribunale di Reggio Calabria utilizza per descrivere le dinamiche interne all’ateneo dello Stretto. Sarebbe una università in cui il “sistema Catanoso” (dal nome dell’ex rettore e attuale pro-rettore) «condiziona la capacità del personale interno di liberamente autodeterminarsi». Non c’è nulla di peggio per una istituzione universitaria della mancanza di libertà. E le pagine conclusive dell’ordinanza che racconta l’inchiesta della Procura diretta da Giovanni Bombardieri sono un compendio di pesi e contrappesi, presunte minacce per i «traditori», calcoli politici e azioni che avrebbero, secondo l’accusa, come solo scopo quello di preservare «un potere che gestisce l’Ateneo con schemi di intimidazione, di ricatto». E «chi non si allinea è fuori dal mondo delle opportunità professionali accademiche, almeno quelle più importanti per la carriera». Tutto «sembra soffocato» da questo sistema «che ha bisogno di commettere sistematicamente reati» per autoalimentarsi. Ha bisogno «di un capillare controllo e condizionamento dei principali organismi collegiali dell’Ateneo ma anche di condizionare le commissioni di esami/giudicatrici e si muove per raggiungere i suoi obiettivi con schemi di azione che vedono l’interagire funzionale dei suoi componenti». In alcuni casi – sono sempre parole del gip – Catanoso «apre i plichi» o suggerisce «in anticipo argomenti delle prove» ai candidati. Ma c’è una fase chiave, necessaria per portare avanti il “sistema”: quella elettorale. E in questa fase – quando c’è da raccogliere adesioni e sostegni – ci si mette al lavoro per «monitorare l’elettorato, individuare i cosiddetti traditori poiché andavano poi poste in essere in loro danno azioni di “ritorsione” sul piano lavorativo-professionale». 

«Ma quale programma… Fai telefonate»

Catanoso riesce a condizionare la vita dell’università “Mediterranea” «anche grazie alla posizione che è riuscito a costruirsi in ragione della fitta rete di relazioni che ha allacciato con i livelli istituzionali più alti». Il perno di tutto, però, è il passaggio elettorale attraverso il quale si riesce a garantire la continuità di gestione. L’unico a frapporsi tra il duo Catanoso-Zimbone e la conferma è Francesco Manganaro. Il docente non ha, di fatto, alcuna speranza di spuntarla. «Ma che cazzo ci vai a fare in ufficio», chiede il rettore uscente al suo più che probabile successore quando si approssima la scadenza elettorale. «Mi scrivo il programma», risponde Zimbone. «Ma quale programma, fai telefonate – è la risposta – Come stai? Come ti senti? Ti volevo sentire… grazie per quello che hai fatto e per quello che farai… puttanate. Ma hai sentito qualcuno che ci scassa il cazzo». 

«Ho detto a Irto: “Non si deve occupare di fatti accademici”»

All’interno dell’ateneo molti credono che Manganaro dovrebbe proprio evitare di candidarsi. Catanoso spiega ai suoi interlocutori che l’avversario «spera nell’appoggio dei vecchi rettori, Alessandro Bianchi e Massimo Giovannini, nonché dei politici locali e regionali di sinistra, quali il sindaco Falcomatà e Nicola Irto (consigliere regionale del Pd, ndr), i quali avrebbero provato a interferire nelle elezioni». 
Questa la sintesi operata dall’ex rettore: «Lui spera nel sindaco che sta chiamando un poco di persone (…) comunque sono cazzate, un disturbo al sistema universitario. (…) Poi c’era pure questo Irto che è uno strano, l’ho chiamato stamattina e gli ho detto io “senti, io non mi sono mai occupato di fatti politici perché non mi interessano ma lei non si deve occupare di fatti accademici perché è fuori luogo, non c’è la tradizione più… la politica non si… poi lei può fare quello che vuole ma avrà risultati che si ritorceranno contro di lei”. Gliel’ho detto perché ce l’avevo qua nello stomaco, vaffanculo». 

«Cosenza è peggio, là siamo agli squali»

I ragionamenti “elettorali” non badano ai programmi ma alle appartenenze. Chi fa parte del “gruppo” non può voltarsi dall’altra parte o verrà «travolto». La vittoria non è in discussione, ma i calcoli elettorali vanno fatti per «vedere la caratura di alcune persone» e «stabilire – parole del gip – chi può essere considerato parte della loro cerchia privilegiata, destinataria di futuro opportunità e spazi professionali». Un controllo del voto capillare, che non teme neppure le presunte intromissioni della politica. Sistema che si spinge a commentare – su posizioni discordanti – anche ciò che accade in un altro ateneo calabrese, l’Unical. Gli investigatori captano una conversazione tra l’allora direttore generale Ottavio Amaro e il solito Catanoso. Mentre l’ex rettore dice che «là non ci sono tutte ‘ste…», riferendosi probabilmente alle manovre elettorali, Amaro ribatte che «Cosenza dai, no, è peggio, Pasquale». Catanoso risponde che «Cosenza è allucinante però ci sono gli schieramenti dove si ammazzano e dice “io mi candido con questo con questo dipartimento”, qua siamo nella confusione generale». Per Amaro Reggio Calabria è «meno selvaggia di Cosenza», perché «non è quella situazione… là è… siamo agli squali». E invita l’amico a non lamentarsi: «Ma stiamo scherzando…qua è tutto ancora dai… dentro… mia se controlli l’80% dell’elettorato Pasquale… e che volevi il 100%?». Nel voto del luglio 2018 Marcello Zimbone, sostenuto da Catanoso, ha ottenuto 216,35 voti pesati contro i 77,8 dello sfidante Francesco Manganaro. (p.petrasso@corrierecal.it)

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