REGGIO CALABRIA «Il “sistema Catanoso” pretendeva da parte di chi era stato favorito o aveva conseguito determinate situazioni di vantaggio il così detto “allineamento”». E la stessa cosa veniva pretesa «da chi intendesse conseguire tali vantaggi ovvero avesse specifiche aspettative». Lo scrive il gip Vincenzo Quaranta nelle valutazioni in calce all’ipotizzata esistenza di un’associazione a delinquere avente cuore pulsante tra le mura dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, con diramazioni anche oltre. Interno ed esterno, di fatti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti non sono concetti che si declinano rispetto al perimetro delle aule dell’Ateneo, bensì intorno al «centro di potere» organizzato dall’allora rettore Pasquale Catanoso e continuato col suo successore, Santo Marcello Zimbone, che il gip definisce una sorta di «testa di legno» dello stesso Catanoso.
Per loro la procura guidata da Giovanni Bombardieri aveva chiesto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Lo stesso giudice ha invece optato per la misura meno afflittiva dell’interdizione che ha colpito – compresi loro – in tutto otto persone. Ma le maglie dell’inchiesta sono molto più estese e coinvolgono procedure, concorsi, affidamento di lavori e «spregiudicata» gestione delle risorse pubbliche che arrivano a toccare in tutto 52 soggetti.
Secondo l’accusa, quello che il gip definisce «centro di potere» che opera per autopreservarsi e crescere all’interno dell’Ateneo, avrebbe col tempo «sostituito obiettivi egoistici alle finalità istituzionali dell’ente». Si tratterebbe quindi di una «vera e propria “lobby” dedita a favorire, per ogni appetibile opportunità di inquadramento contrattuale all’interno dell’Università, solo i loro fedeli sostenitori nonché fedeli collaboratori dei professori “amici”». Chi, come l’aspirante ricercatrice dal cui esposto è partita l’inchiesta “Magnifica”, è esterna al sistema dovrà «mettersi l’anima in pace» tosto che sognare un ruolo all’interno dell’Ateneo. Il sistema, infatti, «esclude le professionalità indipendenti ed estraneee alla lobby in questione».
Il tutto per garantire alle parti in causa una sorta di “do ut des” fatto di «reciproci favori, sia in caso di utilità lecitamente acquisibili che illecite». Gli indagati «si favoriscono l’un l’altro e si garantiscono il mantenimento del potere accademico e della visibilità sociale», scrive la procura.
Tra la gestione di Catanoso e quella di Zimbone, a partire da metà 2018, non c’è alcuna soluzione di continuità. «L’unica differenza nel comportamento dello Zimbone – riportano i magistrati – si rileva in una apparente attenzione alla legalità dell’azione amministrativa» sebbene le intercettazioni dimostrino come le sue siano solo «affermazioni apparenti».
Più sfrontato appare invece Catanoso. «Egli – si legge nell’ordinanza – si definisce come uomo che proviene dalla “strada”» e che proprio grazie a questo avrebbe avuto determinate ambizioni nonché una certa attitudine a intessere relazioni. «Le ambizioni di potere, di crescita personale, gli hanno imposto di comportarsi in certo modo e di asservire le istituzioni ai suoi personali interessi. Si è inserito in un giro di relazioni istituzionali che gli hanno imposto di avere un elevato tenore di vita e importanti disponibilità finanziarie». Preservare il sistema per preservare se stessi, dunque.
La necessità di mantenere la continuità di gestione degli “affari” da parte di Catanoso si apprezza da una serie di intercettazioni riportate in atti dove interlocutori sono altri soggetti interni ed esterni al sistema tra cui lo stesso Zimbone. Viene citata come esempio una conversazione tra Catanoso e un docente che si dice preoccupato per il prossimo avvicendamento dacché potrebbe avere ripercussioni sulla sua posizione contrattuale. «Non dovrebbe esserci nessun problema. – risponde l’allora rettore – Tieni conto che io non sono rettore, ma qua stiamo parlando io e te, no! Chi sarà rettore è la mia stessa persona quindi il problema non credo che ci…»
Come riporta il gip, alcune delle «conversazioni passate in rassegna evocano altri sistemi di condizionamento elettorale». Il riferimento è alle captazioni che interessano sempre Catanoso nel periodo che porterà all’elezione del suo successore. «I professori sono controllati uno alla volta, è difficile sbagliare, però io aggiungo a questi 43 altri 20 voti (…) non ti preoccupare, uno deve prendere atto di quello che (…) tu sei sicuro che qua dentro ci hanno votato tutti?» Gli inquirenti evidenziano come Catanoso parli quali dell’elezione di Zimbone come fosse la propria.
Di fatti, da altre conversazioni emergerebbe addirittura la conferma della sostanziale permanenza di Catanoso nonostante la formale investitura di Zimbone. Questi anticipa come continuerà ad occuparsi di una serie di affari in virtù di una fitta rete di relazioni con soggetti esterni e interni al mondo accademico e con funzionari del Miur alcuni dei quali verranno consigliati a Zimbone come funto utili da cui attingere informazioni riservate. Il 12 luglio 2018, all’esito della competizione elettorale, vengono captate telefonate di congratulazioni, alcune delle quali non a Zimbone bensì a Catanoso: «Eh e così lo fai per 12 anni…però, la stanza…la stanza gliela dai o…?», dice l’interlocutore. «Subito…gliela do perché è scomoda, capisci?» la risposta di Catanoso. Nel prosieguo di questa stessa conversazione aggiunge però che il suo nuovo ruolo sarà quello di prorettore vicario definendola «una cosa compatibile…non è elegantissima perché è un fatto di arroganza, ma è un’arroganza necessitata…»
L’associazione passata al vaglio degli inquirenti si mostra «chiusa all’esterno». Aspetto che si coglie da diversi passaggi che delineano anche il “modus operandi” di Catanoso come ad esempio nel caso in cui siano considerate “estranee” due commissarie nominate dall’Università di Cosenza. Per questo Catanoso avrebbe incaricato altri soggetti intranei al sodalizio a «valutare la correttezza comportamentale» delle stesse. Il sistema, rimarca il giudice, presenta così delle «caratteristiche socialmente allarmanti».
«L’individuato centro di potere – scrive il giudice – agisce ed interviene in particolare sul sistema di reclutamento del personale universitario, sul sistema delle progressioni in carriera e di gestione delle diverse opportunità professionali che lo stesso Ateneo può offrire». Viceversa «ci sono dinamiche che soffocano la capacità da parte del personale docente di determinarsi liberamente nell’agire interno al mondo accademico». Il gip lo ribattezza “sistema Catanoso”: «Chi non si piega alle sue esigenze, che sono esigenze del gruppo di potere, va incontro inevitabilmente a una sorta di “emarginazione lavorativa” e chi ha ottenuto vantaggi deve poi rispettare, ove non voglia perdere quanto conquistato, specifiche regole. È un sistema di concussione ambientale interna, che condiziona la capacità del personale universitario di liberamente autodeterminarsi. È un potere che gestisce l’ateneo con schemi di intimidazione e di ricatto». (f.d.)
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