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Mamme e bimbi fuggiti dall’Ucraina accolti dalla comunità di Serrastretta

La Rabbina Aiello: «Avevano con sé solo dei piccoli zaini e i forti traumi dovuti ai bombardamenti. Adesso vivono qui e sono parte del Paese»

Pubblicato il: 22/04/2022 – 21:24
Mamme e bimbi fuggiti dall’Ucraina accolti dalla comunità di Serrastretta

SERRASTRETTA In un borgo di montagna del Lametino, Serrastretta, sono state accolti 14 profughi ucraini: 5 mamme e 9 bambini, che hanno trovato in Calabria una comunità pronta ad accoglierli e a ospitarli in un luogo sicuro. Ad attivarsi è stato un comitato composto da diverse persone del luogo tra cui due donne di origini ebraiche che vivono a Serrastretta da anni Magda e Lidia. A segnalare quest’iniziativa di accoglienza al Corriere della Calabria è stata la Rabbina Barbara Aiello. «Magda è nata a Poznan, in Polonia, da una famiglia ebrea che ha nascosto la propria identità dai persecutori nazisti. Lidia ha radici ebraiche che risalgono all’Inquisizione e alle conversioni forzate in Spagna che portarono i suoi antenati a osservare i riti ebraici in segreto. Magda e Lidia – racconta la Rabbina – conoscono le situazioni disperate. Ecco perché sono parte integrante di In Esther’s Name, il progetto per i rifugiati ucraini. Queste due donne coraggiose, entrambe madri, entrambe residenti qui a Serrastretta nel sud Italia, fanno parte di un piccolo ma determinato comitato i cui membri hanno lavorato per portare donne e bambini ucraini sofferenti, ebrei, cristiani e laici, alla sicurezza e alla pace del nostro paese di montagna». «Come rabbina di una piccola congregazione Ricostruzionista, Ner Tamid del Sud – prosegue Barbara Aiello – i miei 15 anni nella “punta” dello “stivale” italiano, mi hanno dato l’opportunità di sperimentare in prima persona la forza dei “b’nei anusim” calabresi e come questa forza si traduce in aiuto diretto a chi ha bisogno».

Le mamme e i bambini arrivati in Calabria raccontano l’orrore della guerra

«Abbiamo unito le nostre forze» ha detto Carolina, che all’interno del comitato era incaricata di trovare un alloggio per le famiglie. Carolina e suo marito sono esperti falegnami e si sono messi a disposizione per organizzare delle sistemazioni per i rifugiati. «Lidia, insieme ai residenti locali – continua il racconto della Rabbina ha lavorato 24 ore su 24 per trovare il necessario per queste persone come dei tamponi, dei voli e biglietti aerei, mentre un’altro membro del comitato, Angela, un avvocato locale, ha gestito la miriade di documenti richiesti ai rifugiati dal governo italiano». Una volta accolti i profughi si è pensato anche a come integrarli nella comunità partendo proprio dalle lezioni di italiano a scuola. «Grazie a Magda, e alle esperte insegnanti Giusy e Gessica – dichiara Aiello – un programma di cultura e lingua italiana per i bambini è partito a tempo di record». Le mamme ucraine sono giunte in Calabria coi loro figli portando con sé solo dei piccoli zaini con un cambio di vestiti, qualche pannolino, e una carrellata di ricordi della guerra alla quale sono scampate. Hannah e sua figlia Mira di 9 anni hanno raccontato l’orrore della guerra in Ucraina: «Corriamo da Kiev a un cottage nella foresta. Ha solo una stanza, senza calore, acqua o elettricità. Questa è la nostra stufa che era l’unico posto caldo della casa. Vedi il pane? Abbiamo asciugato il pane sulla stufa per avere qualcosa da mangiare. Siamo andati nel bosco e abbiamo raccolto la legna per la stufa. Abbiamo portato l’acqua dalla neve che si scioglieva. Abbiamo coperto le finestre con un tessuto scuro in modo che gli aerei non vedessero la casa. Così non ci avrebbero sparato». Anche Miroslav che ha 7 anni adesso vive al sicuro nel borgo calabrese ma appena è arrivato, ricorda la Rabbina: «Per i primi tre giorni Miroslav non ha parlato. Non una parola. Traumatizzato da ciò che aveva visto e sentito nella loro fuga da Kiev a Varsavia, la sua prima espressione, quando sua madre si è seduta nel nostro ristorante locale, è stata un urlo penetrante. “Mamma! Mamma! No.” Miroslav era irremovibile sul fatto che sua madre non dovesse sedersi vicino alla finestra. Attraverso il nostro interprete abbiamo imparato il perché. Il piccolo Miroslav era terrorizzato che “una bomba venisse a rompere la finestra. Il vetro volerà e ti farà a pezzi”. Poi siamo riusciti a tranquillizzarlo e col passare del tempo, dopo questo episodio quei momenti di panico non capitano più».

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