REGGIO CALABRIA Tre docenti dell’università “Mediterranea” avrebbero compiuto «atti contrari ai doveri del proprio ufficio» per asservire «la funzione pubblica agli interessi personali propri e dei collaboratori del medesimo settore». Uno dei capi d’imputazione nell’inchiesta “Magnifica” della Procura di Reggio Calabria riguarda le misure previste in sostegno del turnover nell’ateneo. Il succo è che i docenti “in uscita”, i vertici dell’accademia e i ricercatori successivamente promossi avrebbero strumentalizzato «per i loro obiettivi le misure previste a sostegno del turnover dal decreto del rettore numero 299 del 13 novembre 2018». Questo perché avrebbero subordinato «la presentazione delle domande di quiescenza anticipata volontaria alla previa individuazione dei ricercatori e dei professori associati a cui destinare le progressioni di carriera (…) accordandosi sul punto con il rettore e con i relativi beneficiari, ottenendo in tal modo l’utilità consistente nella stipula di un contratto di collaborazione esterna annuale come referenti di programmi di ricerca» e «progressioni di carriera dei loro collaboratori “favoriti”, appartenenti al medesimo settore scientifico-disciplinare. Le accuse sono a carico di Marcello Zimbone, Vincenzo Tamburino, Giuseppe Bombino (ex presidente del Parco dell’Aspromonte), Antonio Zema, Giuliana Albanese, Leonardo Schena, Gianfranco Neri e Marina Tornatora. Schena, all’esito della procedura, ha ottenuto la chiamata per un posto di docente di prima fascia; Bombino, Zema e Tornatora, tutti ricercatori, sono stati dichiarati vincitori per posti di professore di seconda fascia.
Il nodo della faccenda sta nel regolamento per il turnover nell’ateneo. Il decreto firmato dall’allora rettore Pasquale Catanoso nel novembre 2018 richiama, tra gli altri, il decreto legislativo sulla “disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei” e una circolare del ministero per la semplificazione e la Pubblica amministrazione, oltre che il Bilancio di previsione dello stato per il 2018 (e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) «che prevedono una modifica delle norme sugli adeguamenti biennali dei requisiti anagrafici e di anzianità per l’accesso alla pensione». È prevedibile che la valutazione di questi comportamenti all’interno dell’ateneo si giocherà proprio sull’interpretazione di queste norme, cercando di capire se siano state, come ritiene l’accusa, effettivamente «strumentalizzate».
È la richiesta del pm a sollevare il dubbio: «Gli elementi di prova raccolti hanno dimostrato che il meccanismo delineato dal decreto è stato strumentalizzato dagli interessati con l’ausilio del rettore per il raggiungimento di obiettivi illeciti». L’ipotesi dell’accusa è che, «negli anni 2019 e 2020 tre professori della Mediterranea, Vincenzo Tamburino, Giuliana Albanese e Gianfranco Neri, hanno richiesto di collocarsi in quiescenza anticipata, condizionando clandestinamente la presentazione della domanda all’ottenimento di vantaggi, in termini di progressioni di carriera, per sé e per i propri favoriti». Le progressioni sarebbero «state concordate con il rettore» e sarebbero state «realizzate mediante l’utilizzo dei punti organico resi disponibili dal pensionamento del singolo docente». In effetti, gli allegati al decreto del rettore analizzano in dettaglio l’utilizzo dei punti organico per incentivare il turnover «senza perdita delle professionalità esistenti ancora utilmente fruibili, anzi incentivando per quanto possibile e consentito dalla legge una loro utilizzazione proficua per gli obiettivi complessivi di sistema».
La norma dell’ateneo prevede che «il professore che manifesta l’intenzione di avvalersi del collocamento anticipato in quiescenza propone al direttore del dipartimento di afferenza, con un anticipo di almeno sei mesi, il programma delle attività di ricerca ed eventuale terza missione, nell’ambito del proprio settore scientifico-disciplinare, che intende portare a termine o avviare su apposito incarico di collaborazione scientifica con il dipartimento di afferenza, da stipulare a titolo gratuito per un anno decorrente dalla data di collocamento in quiescenza». Dopo questo primo step, «il consiglio del dipartimento di afferenza delibera in merito al programma di attività presentato, al connesso incarico di collaborazione scientifica, nonché alle risorse necessarie per la sua attuazione, compresa la utilizzazione dei punti organico che si renderebbero potenzialmente disponibili in caso di quiescenza anticipata, secondo la propria programmazione, tenendo conto dell’impatto sulle attività di docenza nel settore scientifico-disciplinare interessato e indicando le eventuali procedure concorsuali immediatamente attivabili». Nel caso in cui il programma di ricerca approvato dal consiglio di dipartimento «preveda il reclutamento di risorse umane attraverso l’utilizzazione dei punti organico attribuibili previsti dalle presenti misure, il consiglio di amministrazione, previo parere positivo del Senato accademico, provvede, entro 40 giorni dalla delibera dipartimentale a: programmare, nei limiti del contingente di punti organico nella disponibilità dell’ateneo, ad attribuire i punti organico previsti dalle presenti misure; autorizzare il collocamento anticipato in quiescenza e la relativa decorrenza; dare corso alla delibera del dipartimento avviando le relative procedure concorsuali di immediata attuazione».
Questa articolata procedura, secondo la Procura di Reggio Calabria, sarebbe stata piegata ai desiderata degli indagati. Così i passaggi – riguardo a uno dei casi analizzati – sono riassunti dal pm: «Dalle parole di Zimbone emergono i passaggi dell’illecito programma: Tamburino predisporrà un programma di ricerca, indicando la necessità, in ragione della complessità dello stesso, che la gestione sia affidata a due associati; per l’assunzione dei due associati saranno utilizzati i punti organico liberati dal pensionamento anticipato di Tamburino e verranno scelto i due ricercatori raccomandati dall’ordinario. Questi svolgerà il ruolo di responsabile del programma di ricerca mediante un contratto di collaborazione da esterno con l’ateneo». Un passaggio, captato dalle intercettazioni, viene ritenuto degno di nota dagli inquirenti: «Il rettore spiega di aver dovuto modificare la richiesta di Tamburino il quale, commettendo un grave errore, che avrebbe potuto costare loro delle responsabilità penali, aveva indicato i nomi dei due associati che si sarebbero occupati del programma di ricerca». «Dobbiamo dimostrare che ci vogliono due associati, chiaro? – dice Zimbone – Siamo partiti che lui aveva scritto cose che non stanno né in cielo né in terra per farci arrestare».
Il gip sottolinea che «la procedura di chiamata a cui il rettore ha pensato è quella riservata ai soli interni (…)». Questa procedura che non prevede l’apertura di un concorso esterno «può essere utilizzata anche per la chiamata a professori associati di ricercatori a tempo indeterminato già in servizio nell’università e per la chiamata a ordinari di professori associati». Secondo Zimbone la chiamata degli interni comporterebbe un risparmio dei punti organico liberati dal docente che verrà collocato in quiescenza, con la possibilità dunque di aprire a più docenti (in questo caso due).
Per il giudice delle indagini preliminari, il rettore avrebbe operato «forzature» in modo da «sistemare i prescelti» senza «far capire che dietro la manovra ci fosse l’interesse a sistemare determinate carriere. E si vantava anche di aver previsto la possibilità, da egli stesso ritenuta una forzatura, ove le cose non fossero andate in un certo modo, di consentire al docente di poter revocare la domanda». In sostanza, «le misure poste a sostegno del turnover, in sé lecite, vengono programmate e attuate con meccanismi serventi a esigenze e interessi di tipo personale». (ppp)
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