COSENZA La vita in disparte a San Fili, la Calabria problematica e dignitosa, le idee sulla musica e sulla terra. Brunori Sas si racconta a L’Espresso e racconta (anche) della sua nuova impresa, questa volta agricola. Si chiama “Le quattro volte” (titolo di un suo brano ma anche un film di Michelangelo Frammartino girato in Calabria). Opera tra il Parco nazionale della Sila e quello del Pollino.
Produciamo grano, olio, fichi, agrumi e vino da vitigni autoctoni come Magliocco, Mantonico, Malvasia Bianca, Guarnaccino Nero e Greco Bianco – – spiega il cantautore nell’intervista pubblicata domenica –. Tutto è coltivato senza uso di pesticidi, seguendo il corso delle stagioni. Imprevisti compresi. Recentemente, insieme ad altri artisti italiani ho appoggiato il movimento globale Conscious planet-Save Soil di Sadhguru (yogi indiano fra i leader spirituali più famosi al mondo, ndr) che si batte per il nutrimento del terreno, legato alla desertificazione e ai cambiamenti climatici. Non bisogna essere necessariamente contadini per capire che i principi nutrizionali di un’arancia di cento anni fa non sono gli stessi di quelli di un’arancia dei giorni nostri».
La Calabria, per Brunori resta una terra di contrasti: «I problemi sono quelli di sempre: clientelismo, criminalità organizzata, mancanza di proiezione verso la costruzione di qualcosa, speranze disattese. Siamo una zona avvezza ai terremoti e pensiamo sempre che, prima o poi, tutto crollerà. Al tempo stesso, i calabresi conservano uno sguardo antico e una dignità unici. Tutto questo è stato rappresentato benissimo dal documentario “In Calabria”, diretto da Vittorio De Seta nei primi anni Novanta».
Nei suoi tour, l’artista cosentino sceglie spesso luoghi fuori dal comune: «I panorami – spiega –, il vento, gli animali al pascolo permettono di riequilibrare il rapporto fra noi artisti e tutto ciò che accade attorno. All’aria aperta ti senti meno protagonista. Lo spettacolo non sei tu ma la montagna che hai alle spalle e che senti quasi respirare». E per il futuro pensa a una rivisitazione dell’attività musicale, anche sul piano delle produzioni: «Oggi viene da chiedersi se abbia ancora senso pensare a un album completo oppure se sia meglio optare per un ep (come “Cheap!” una delle sue uscite, cinque pezzi racchiusi in 16 minuti) che contiene un numero minore di tracce. Anche la strada del podcast è percorribile per un artista che ha già un suo pubblico affezionato. Forse per il prossimo futuro la parola d’ordine è crossmedialità»
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