REGGIO CALABRIA Vinca non il migliore, ma un candidato buono per «tutelare la situazione reggina». La citazione tra virgolette è tratta da un’intercettazione con protagonista Gianfranco Neri, direttore di uno dei dipartimenti chiave dell’università “Mediterranea”. E rappresenta, stando alle valutazioni dei magistrati della Procura di Reggio Calabria «fatti di particolare gravità poiché denotano come le procedure selettive siano improntate a esigenze ben diverse da quelle legali, poste a presidio innanzitutto della meritocrazia che impone di selezionare il migliore».
Tuttavia l’ateneo di Reggio Calabria – sono ancora valutazioni contenute nell’ordinanza che racconta le fasi dell’inchiesta – non pare un caso isolato. La frase del gip è tranciante: «Le intercettazioni danno conto di come sia un sistema diffuso anche in altri atenei, a una gestione delle selezioni e del reclutamento improntata a logiche di favoritismo e clientelari che spesso premiano certamente non i migliori».
Al centro dei dialoghi captati dagli investigatori c’è il concorso per un posto di ricercatore – bandito nel 2008 – da cui è nata la denuncia di Clara Stella Vicari Aversa, candidata esclusa che ha rilevato le prime stranezze nella procedura, poi diventate una slavina sanzionata da Tar e Consiglio di Stato. Un iter così travagliato da essere rimasto “aperto” per più di dieci anni. Nei tentativi di uscire dal guado dei ricorsi amministrativi vinti dall’architetta messinese, i vertici dell’ateneo reggino le hanno provate tutte. E gli inquirenti hanno ascoltato di tutto.
Ci sono commissari che contattano i vertici accademici per chiedere di avere i verbali del vecchio concorso in word, in modo da farsi un’idea di ciò che si troveranno a giudicare. Peccato che dovrebbero valutare i candidati partendo da zero. Una gestione, per l’accusa, tanto disinvolta quanto grave: «A dispetto della necessaria imparzialità e distanza di un commissario verso un candidato, i toni tra i due sono confidenziali e la consegna dei verbali viene fatta dal candidato direttamente nelle mani di colui che dovrà valutarlo». La parzialità non è un copyright reggino: il commissario arriva da un altro ateneo ma conosce evidentemente bene certe dinamiche. Che si adeguano a un solo scopo, quello di non «mettersi in casa» una presenza sgradita. Il rischio – sottolinea il pm – è «quello che il posto di ricercatore venga occupato da un professionista estraneo alla lobby degli indagati».
L’inchiesta sulla “Mediterranea”
In una fase della procedura, il gruppo di docenti dell’università “Mediterranea” pensa di trovare per Antonello Russo, candidato gradito e risultato vincitore della selezione contestata, soluzioni diverse. Con l’accoglimento dei ricorsi di Vicari Aversa è Laura Thermes, docente dell’ateneo fino al 2014, a muoversi. Thermes è l’accademica che, sempre secondo l’accusa, avrebbe sconsigliato all’architetta di opporsi all’esito del concorso, consigliandole di aspettare il proprio turno se non voleva rischiare di essere esclusa, in futuro, da collaborazioni con il mondo universitario. Ed è Thermes, che con Russo vanta una lunga collaborazione, a sondare il terreno per trovare una collocazione alternativa. Lo fa rivolgendosi all’Università “La Sapienza”: contatta un professore associato per capire se vi siano spazi di manovra in un bando a Ingegneria, aperto all’esterno, per la chiamata di un professore abilitato associato. «Volevo sapere se è una situazione che ha già le sue configurazioni – chiede – perché c’è un bravissimo giovane collega che si è formato con me, eccetera, eccetera, che però io gli ho detto “se un po’ la facoltà ha già i suoi orientamenti, inutile andare a rompere le scatole”». Il tentativo avviene nel 2018: quando Thermes ha lasciato la cattedra a Reggio quattro anni prima per dedicarsi all’attività professionale e, nonostante tutto, si interessa ancora del suo “discepolo”. Il contatto della ex docente a Roma le consiglia di chiamare una collega che potrebbe avere voce in capitolo. La frase è sibillina: «Laura, tu la conosci oltretutto meglio di me perché l’hai fatta vincere al posto mio, quindi…». Si tratta del richiamo a un vecchio concorso o ad altre storie accademiche? L’intercettazione non lo chiarisce ma offre agli inquirenti un’altra istantanea degli equilibri che reggono (non tutti, ovviamente) i concorsi.
Neri ne offre un altro in occasione di un’altra procedura comparativa, inerente al conseguimento dell’abilitazione scientifica per il quale il docente svolge il ruolo di commissario. Nel dialogo, gli indagati «fanno riferimento a un candidato (…) che giudicano persona non valida sul piano professionale e personale». Lo definiscono «agitato, pazzo» e lo paragonano a Vicari Aversa («è un po’ della stessa pasta della nostra»). Per gli inquirenti, questo scambio descriverebbe Neri come una persona che «elude la normativa di reclutamento del personale universitario e decide arbitrariamente dell’esito delle candidature dei concorrenti». E sembra sapere perfettamente come ci si muove per escludere un candidato indesiderato. «È che pensavo di fare in questo caso – spiega –, di parlare con i commissari e di dire “stroncatelo perché è un testa di cazzo” e io casomai gli faccio un medaglione positivo; gli faccio un medaglione positivo e gli altri quattro lo stroncano». Neri, si legge nell’ordinanza, «ipotizza di dare una valutazione positiva con la certezza che il candidato verrà escluso a opera degli altri componenti della commissione, previamente allertati». (p.petrasso@corrierecal.it)
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