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La squadra del figlio della Sgarella attaccata a Mariupol. Lui rassicura: «Sono ancora vivo»

Il 29enne, adottato dalla donna sequestrata dalla ‘ndrangheta nel 1997, si è arruolato nell’esercito di Kiev. Su Ig: «Ho solo la febbre»

Pubblicato il: 26/04/2022 – 15:01
La squadra del figlio della Sgarella attaccata a Mariupol. Lui rassicura: «Sono ancora vivo»

TORINO Per un giorno interno non si sono avute sue notizie, ma ieri sera allarme sembra essere rientrato: Ivan Luca Vavassori, l’ex calciatore di 29 anni che è andato a combattere in Ucraina, nelle file delle brigate internazionali, sarebbe sopravvissuto con tutto il suo team a un attacco russo a Mariupol. Dopo ore di apprensione è stato pubblicato sui socal l’aggiornamento che ha riportato ottimismo: «La squadra di Ivan è sopravvissuta. Stanno provando a tornare, il problema è che sono circondati da forze russe così non sappiamo quando e quanto tempo dovranno impiegarci».
Nell’attacco – conclude il messaggio serale – «ci sono 5 persone morte e 4 ferite, ma non sappiamo i loro nomi». L’allarme era scattato ieri mattina, sempre sui social: «Ci dispiace informarvi – il messaggio in una story sul profilo dello stesso Vavassori – che la scorsa notte, durante la ritirata di alcuni feriti in un attacco a Mariupol, due convogli sono stati distrutti dall’esercito russo. In uno di questi c’era forse anche Ivan, insieme col 4/o Reggimento».
Vavassori, nato in Russia, è stato adottato da una coppia piemontese, Pietro Vavassori, titolare dell’Italsempione, azienda nel ramo della logistica, e Alessandra Sgarella, sequestrata dalla ‘ndrangheta nel 1997 e morta nel 2011 per una malattia. Ha giocato a calcio in serie C per il Legnano, la Pro Patria e il Bra, facendo un’esperienza anche in Bolivia, nella squadra del Real Santa Cruz. Quando è iniziato il conflitto in Ucraina ha mollato il pallone per andare a combattere al fianco degli ucraini, arruolandosi nelle brigate internazionali. Nella “Legione di difesa internazionale Ucraina”, è diventato il “comandante Rome” o “Aquila nera” per quel suo vezzo, come ha raccontato su “Tik Tok”, di mettere un nastro nero intorno al caricatore del suo mitra. Vavassori sostiene di avere maturato altre esperienze militari, nella Legione Straniera: «Avevo firmato per cinque anni ma sono uscito dopo tre. Ero distaccato ad Aubagne e Castelnodary», in Francia.
Nel suo ultimo post, una settimana fa, appariva in mimetica e a volto coperto e scriveva: «Il soldato prega più di tutti gli altri per la pace, perché è lui che deve patire e portare le ferite e le cicatrici più profonde della guerra. Grazie mio Signore per essere ogni giorno al mio fianco, ti amo». Secondo le ultime informative, i “foreign fighter” italiani che combattono in Ucraina sarebbero meno di venti, probabilmente diciassette: otto con i separatisti filo russi nel Donbass e nove con gli ucraini.
Tra le vittime filo russe c’era anche Edy Ongaro, detto “Bonzambo”, ultrà del Venezia e attivista dei centri sociali del Nord Est, ucciso a fine marzo. Invece per la Russia gli italiani in armi sarebbero 60, di cui 10 già tornati in patria e 11 morti in battaglia, una notizia che però «non risulta» all’intelligence italiana. All’inizio del conflitto Vavassori, al pari di molti altri italiani, aveva raccolto informazioni in ambasciata per unirsi agli ucraini. Ma proprio per le sue origini russe aveva avuto alcuni problemi poco dopo essere entrato tra i combattenti.
Alla trasmissione “Le Iene” aveva raccontato che qualcuno sospettava che fosse una spia, il cellulare gli era stato sequestrato ed era stato interrogato per alcuni giorni. Poi era tornato a combattere. E a raccontare la sua guerra: «Morire vent’anni prima o vent’anni dopo poco importa», aveva spiegato.

«Ho solo la febbre e alcune ferite, sono ancora vivo»

«Ciao a tutti, grazie di tutti i messaggi di supporto che mi avete mandato. Sono vivo, ho solo febbre molto alta alcune ferite in varie parti del corpo. Per fortuna niente di rotto». Con queste parole postate in una story sul suo profilo Instagram è tornato poco fa a farsi vivo Ivan Luca Vavassori, il giovane fighter italiano arruolatosi volontario per combattere a fianco dell’esercito ucraino. Ivan è il figlio adottivo di Pietro Vavassori, imprenditore lombardo e di Alessandra Sgarella, di Domodossola, che fu rapita alla fine degli anni 90 dall’Ndrangheta e che poi morì nel 2011 per malattia. Nelle ultime ore era stato il padre a rassicurare tutti sulla sorte di Ivan, sulla sorte del quale erano arrivate sempre via social prima notizie preoccupanti e poi successivamente rassicurazioni. I precedenti messaggi erano scritti in inglese dalle persone alle quali Ivan avrebbe affidato la gestione del suo profilo. Quello di poco fa è invece in italiano e sembrerebbe scritto dallo stesso giovane. (ansa)

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