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Al via il 25 maggio il processo d’Appello a Mimmo Lucano

Per l’ex sindaco di Riace in primo grado 13 anni e 2 mesi. Per i suoi legali i giudici volevano condannarlo «a ogni costo»

Pubblicato il: 30/04/2022 – 11:44
Al via il 25 maggio il processo d’Appello a Mimmo Lucano

REGGIO CALABRIA Inizierà il prossimo 25 maggio il processo d’appello all’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, condannato lo scorso settembre dal Tribunale di Locri a 13 anni e 2 mesi di carcere al termine del processo “Xenia”.
L’avviso è stato notificato a Lucano e agli altri 17 imputati dalla Seconda sezione della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Associazione a delinquere, truffa, peculato, falso e abusi d’ufficio: sono molti i capi di imputazione per i quali Lucano è stato giudicato colpevole nel processo di primo grado, nato da un’inchiesta della guardia di finanza sul “modello Riace” e sulla gestione dei progetti di accoglienza dei migranti.

«Lettura forzata dei fatti»

La sentenza è stata contestata dagli avvocati Andrea Daqua e Giuliano Pisapia, difensori dell’ex sindaco, che nelle motivazioni d’appello parlano di «lettura forzata se non surreale dei fatti».
Per i legali, il Tribunale di Locri, presieduto dal giudice Fulvio Accurso, ha inteso «dichiarare a ogni costo responsabile Lucano» il cui obiettivo, piuttosto, «era uno solo ed in linea con quanto riportato nei manuali Sprar: l’accoglienza e l’integrazione. Non c’è una sola emergenza dibattimentale (intercettazioni incluse) dalla quale si possa desumere che il fine che ha mosso l’agire del Lucano sia stato diverso». Sempre nelle motivazioni d’appello i legali rilevano che in sentenza c’è stato un «uso smodato delle intercettazioni telefoniche, conferite in motivazione nella loro integralità attraverso la tecnica del copia/incolla».

I legali: «Molte intercettazioni inutilizzabili»

Secondo gli avvocati, inoltre, molte intercettazioni sarebbero inutilizzabili per come stabilito dalla sentenza “Cavallo”, emessa nel 2020 dalle Sezioni unite della Cassazione che ne regola l’utilizzo solo in procedimenti connessi a quelli per i quali le stesse erano state autorizzate e «salvo che risultino indispensabili per l’accertamento dei delitti per i
quali è obbligatorio l’arresto in flagranza». La Corte d’Appello dovrà inoltre valutare il reato di associazione a delinquere contestato a Lucano e anche il cambio di capo di imputazione, da abuso d’ufficio a truffa aggravata, che ha fatto lievitare la condanna dell’ex sindaco di Riace per il quale la Procura di Locri, in primo grado, aveva chiesto 7 anni e 11 mesi di reclusione.

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