CATANZARO Il presunto boss di ‘ndrangheta vibonese, Antonio Mancuso, resterà ai domiciliari. Lo hanno deciso i giudici della seconda sezione penale del Tribunale del Riesame di Catanzaro (Filippo Aragona presidente), dopo l’appello presentato dalla Procura generale di Catanzaro contro l’ordinanza della Corte d’Appello che, lo scorso 21 dicembre, aveva sostituito la custodia in carcere con quella ai domiciliari.
Le condizioni di Mancuso, classe ’38, (difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo) già condannato – in primo grado – per le estorsioni ai danni del tabaccaio Zappia, detenuto fino al dicembre scorso nel carcere di Secondigliano, a Napoli, mostrano un quadro clinico complicato per via di diverse patologie, oltre che una recente caduta che ha richiesto una stabilizzazione vertebrale. Il perito aveva già rilevato come «per l’età avanzata» e «lo stato di forzata immobilizzazione e detentivo» fosse da considerare «il rischio serio e concreto di strutturazione di uno stato depressivo» i cui rapporti «con l’instaurazione di una demenza sono ampiamente documentati» e i seri e «concreti rischi per la salute» testimoniati anche dall’ultimo ricovero urgente al “Cardarelli” di Napoli.
Uno stato di salute insomma «incompatibile con il regime detentivo», un quadro condiviso anche dai giudici che hanno ritenuto di non «poter condividere quanto affermato dall’appellante» anche perché il giudizio di incompatibilità di Antonio Mancuso con il carcere si fonda anche «sul prevedibile aggravamento in modo irreversibile delle sue condizioni di salute», mentre le esigenze cautelari potranno essere salvaguardate «mediante il divieto di comunicazione con persone diverse da quelle conviventi» e attraverso «controlli assidui e costanti da parte della polizia giudiziaria competente».
Lo scorso 1 aprile, invece, il Riesame aveva respinto un altro ricorso della Procura generale, perché il 25 dicembre 2021, durante un controllo dei carabinieri di Nicotera, lo stesso Antonio Mancuso era stato trovato, in casa, in compagnia di altre persone: la moglie, le tre figlie Rosaria, Mariateresa e Annarita, oltre al genero, coniuge di una delle figlie. Una presenza “giustificata” dall’esigenza «di prestare al padre le cure di cui necessitava». Secondo i giudici, però, la presenza dei familiari nell’abitazione di Antonio Mancuso «era effettivamente finalizzata all’assistenza» in ragione «della patologia che lo affligge», e non essendo stata accertata invece «alcuna diversa condotta sintomatica di un contrasto con le esigenze cautelari da soddisfare». (redazione@corrierecal.it)
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