Ultimo aggiornamento alle 13:30
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

La riflessione

«Baby gang o narcisismo adolescenziale?»

I recenti e quasi ordinari episodi di aggressioni e violenza ad opera di giovani o giovanissimi adolescenti, inquadrati molto semplicisticamente sotto l’etichetta generica di “baby gang”, nascondo…

Pubblicato il: 06/05/2022 – 13:04
di Giusy Raffaele
«Baby gang o narcisismo adolescenziale?»

I recenti e quasi ordinari episodi di aggressioni e violenza ad opera di giovani o giovanissimi adolescenti, inquadrati molto semplicisticamente sotto l’etichetta generica di “baby gang”, nascondono verosimilmente un fenomeno molto più complesso. Omologare e incanalare questo fenomeno all’interno della definizione “baby gang” potrebbe essere fuorviante, oltre che generare confusione. Per parlare di una banda o gang occorre in primis che il gruppo sia strutturato, risponda a regole e codici di comunicazione ben precisi, condivida gli orientamenti e sia caratterizzato da una frequentazione continua nel tempo, mentre queste nuove realtà aggregative sono molto fluide, si ‘sciolgono’ molto velocemente, e spesso sono formate da persone diverse, quasi al momento, per l’occasione, incontrandosi in luogo pre-concordati tramite i social. E sempre sui social, che indubbiamente hanno il loro peso sulla deriva giovanile, per il loro effetto emulativo, vengono postati i video delle violenze e delle risse.
La nuova configurazione dell’aggressività giovanile prevede, quindi, il coinvolgimento dell’aspetto pubblico e familiare. L’elemento narcisistico si accompagna ad un’ansia sociale che provoca negli adolescenti un forte senso di inadeguatezza e di tensione psicologica che spesso sfocia in fenomeni di aggressività o, al contrario, in un isolamento ovattato dalle quattro mura domestiche (basta pensare al fenomeno degli hikikomori che in Italia sembra aver superato i 100mila casi). «C’è una commistione con forme di devianza giovanile: parliamo di serate segnate da comportamenti incivili che a un certo punto, spesso a notte fonda, degenerano quando qualcuno del gruppo decide di dare libero sfogo ad una iper aggressività latente che si traduce in rapine di giubbotti, di cellulari, di calzature firmate. Con una violenza del tutto sproporzionata rispetto al valore del bottino», spiega Marco Calì, dirigente della Squadra mobile della questura di Milano, come si tratti «di un fenomeno molto più complesso e fluido» e quale ruolo rivestano i social e la pandemia.  
La logica, conferma Calì «è sempre quella del branco, spesso molto numeroso, dove ci si spalleggia e ci si carica a vicenda: quasi sempre l’alcol, e spesso anche il ricorso a sostanze stupefacenti, funzionano da innesco. Mentre le vittime predestinate sono ragazzi più piccoli, spesso isolati, o comunque in una condizione di oggettiva inferiorità». Questi episodi vedono protagoniste non solo le grandi città metropolitane ma anche i centri più piccoli con connotazioni differenti: al Sud alla marginalità e alla povertà si accompagna più spesso l’incapacità di difendersi sia dai modelli di vita proposti dai gruppi di criminalità organizzata, sia dai modelli dominanti di consumo, mentre nelle grandi città la povertà economica e culturale e la marginalità sociale dei quartieri più periferici accomuna ragazzi italiani e stranieri. Spesso i componenti delle bande vengono dalle cinture urbane o dalle periferie più lontane: molti gli stranieri, ma più spesso i gruppi sono ‘misti’, formati da italiani e non, uniti dalla ricerca di un senso di appartenenza che può essere sociale od ambientale, o di semplice volontà di appropriazione violenta di modelli – il capo di abbigliamento griffato o lo smartphone di ultima generazione – altrimenti irraggiungibili.
Guardare a queste realtà, nelle loro differenti manifestazioni, con uno sguardo “comprendente” che includa una corretta autocritica da parte degli adulti, può rivelare che l’aggregarsi in banda risponde a molteplici bisogni che appartengono a tutti gli adolescenti e i giovani adulti, e non solo ai ragazzi che possiamo considerare devianti.
Secondo il sociologo Vincenzo Scalia, docente all’Università di Firenze, queste realtà si possono ricondurre ad una trasgressione espressiva di tipo narcisistica. Come se gli adolescenti volessero esternalizzare il loro disagio, attraverso un narcisismo autodistruttivo che nasconda immaturità ed inconsapevolezza. Come arginare questa deriva? «Bisogna riportare i giovani al reale, proponendo loro una quotidianità ‘vera’ che controbilanci il virtuale – risponde Scalia -. C’è necessità di incoraggiare le iniziative di socializzazione. Bisogna riscoprire i propri quartieri, creare occasioni sane di incontro. E poi lo sport, fondamentale». 

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del mare 6/G, S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x