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Maxi processo Aemilia, la Cassazione conferma oltre 70 condanne. C’è anche Iaquinta

Pena definitiva di 13 anni per il padre dell’ex calciatore. Ricorsi rigettati e lievi ricalcoli per alcuni imputati. La procuratrice Musti: «l’Emilia Romagna è un distretto di mafia»

Pubblicato il: 07/05/2022 – 18:04
Maxi processo Aemilia, la Cassazione conferma oltre 70 condanne. C’è anche Iaquinta

BOLOGNA Trentasei ricorsi rigettati, 39 dichiarati inammissibili, mentre per 13 posizioni vengono disposti annullamenti con lievi ricalcoli di pene o rinvii limitatamente a pochi capi d’accusa. La Corte di Cassazione ha ampiamente confermato le condanne decise della Corte di appello di Bologna nel maxi-processo di ‘ndrangheta ‘Aemilia’ e così pure il quadro accusatorio della storica grande operazione contro le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata calabrese in Emilia-Romagna, scattata nel 2015 con 117 arresti.
La sentenza di oggi mette fine a sei gradi di giudizio, che hanno tenuto banco tra Reggio Emilia, Bologna e Roma, con oltre mille anni complessivi di condanne stabiliti tra rito abbreviato (sentenza definitiva nel 2019) e rito ordinario, per i due terzi circa dei 220 imputati iniziali giudicati colpevoli: 87 di loro avevano presentato ricorso contro le condanne della Corte d’Appello, datate dicembre 2020, e la Corte di Cassazione si è pronunciata oggi giudicando inammissibili o rigettandone 73.
Negli altri 14 casi, che riguardano singoli capi di imputazione, ha provveduto a rinviare la trattazione specifica alla Corte di Bologna o a ridefinire la pena. È il caso ad esempio del “capo” Michele Bolognino è l’unico tra i personaggi di vertice della cosca che aveva scelto il rito ordinario, definitivamente condannato a 20 anni e 10 mesi, con una riduzione di cinque mesi sulla condanna d’Appello. Non era un esito scontato perché gli avvocati difensori, nel presentare i loro ricorsi, avevano toccato due questioni generali in grado di minare alla base l’intero sviluppo processuale della vicenda, attaccando sia l’impianto accusatorio costruito con cura dalla Direzione Investigativa Antimafia di Bologna che alcune scelte della Corte di Reggio Emilia durante il primo grado di giudizio.

Imprenditori, latitanti ed ex membri delle forze dell’ordine condannati

Tra i ricorsi giudicati inammissibili o respinti, 31 riguardavano personaggi con l’accusa più pesante: appartenenza ad organizzazione mafiosa. Vanno così in giudicato le condanne di imprenditori importanti, come Giuseppe Iaquinta, Augusto Bianchini, i fratelli Giuseppe e Palmo Vertinelli, Omar Costi, Mirco Salsi, Luigi Silipo. Gli ex appartenenti alle forze dell’ordine Francesco Matacera, Maurizio Cavedo e Mario Cannizzo. Personaggi della ‘ndrangheta come la latitante Karima Baachoui, Carmine Belfiore, Gaetano Blasco, Gianni Floro Vito. Diversi membri della famiglia Muto e Francesco Amato, che arrivò a minacciare la Presidente del Tribunale di Reggio Emilia Cristina Beretti con la frase: «Morto che cammina».
È stato dichiarato inammissibile anche il ricorso presentato da Antonio Valerio, il collaboratore di giustizia le cui dichiarazioni al processo sono state fondamentali nella verifica di quanto ricostruito dalla Direzione Investigativa Antimafia, e che ha consentito, con i suoi racconti, l’apertura di nuovi filoni processuali legati ai crimini della ‘ndrangheta operante in Emilia Romagna. Condannato in appello a 7 anni e 5 mesi, la sua appartenenza alla mafia è ostativa alla sospensione dell’ordine di esecuzione e così Valerio dovrà ora scontare il carcere. Le cinquemila pagine delle motivazioni della sentenza di primo grado di Reggio Emilia, nel dicembre 2018, si aprivano con la citazione di una sua frase: «La ‘ndrangheta qui a Reggio Emilia è autonoma, evoluta e tecnologica. Non sono le nostre origini la discriminante, ma ciò che siamo: mafiosi e ‘ndranghetisti, maledettamente organizzati».

La procuratrice: «L’Emilia Romagna è un distretto di mafia»

«La sentenza ‘Aemilia’ con il suo passaggio in giudicato, la nona in ordine temporale per associazione di stampo mafioso in Emilia-Romagna, conferma che l’Emilia-Romagna è un distretto di mafia». Lucia Musti, procuratrice generale reggente a Bologna e che peraltro rappresentò la pubblica accusa nel processo di appello, commenta così all’Ansa l’esito della Cassazione, riprendendo le sue stesse parole per la relazione in apertura dell’anno giudiziario. La sentenza, prosegue Musti, «è il frutto del lavoro della Dda di Bologna, della Procura generale di Bologna e della Procura generale presso la Corte di Cassazione. Ringrazio tutte la polizia giudiziaria, in particolar modo i carabinieri dei comandi provinciali di Modena, Parma e Piacenza, per l’altissima professionalità e il massimo impegno profuso nelle indagini».
Il procedimento Aemilia è il più grande maxi processo di ‘ndrangheta al Nord che a fine gennaio del 2015 portò all’arresto di 240 persone e documentò la presenza e l’operatività della cosca Grande Aracri di Cutro in Emilia Romagna.
«Il dato più caratterizzante dell’organizzazione ‘ndranghetistica emiliana al centro del processo “Aemilia”, quello cioè «che rappresenta il vero salto di “qualità” della presenza della ‘ndrangheta nel territorio emiliano è dato dalla capacità di infiltrazione nel tessuto economico – imprenditoriale e che maggiormente evidenzia il suo carattere autonomo rispetto alla casa madre cutrese». Lo aveva evidenziato la Corte di Appello di Bologna, in un passaggio delle quasi 2.600 pagine delle motivazioni della sentenza di secondo grado.

I nomi

Alfredo Amato condanna definitiva a 17 anni;
Francesco Amato, 16 anni e 9 mesi;
Karima Baachaoui, 17 anni e 7 mesi;
Moncef Baachaoui, 12 anni e 6 mesi;
Carmine Belfiore, 4 anni;
Francesco Belfiore, 4 anni;
Giuseppe Belfiore, 6 anni;
Alessandro Bianchini, 1 anno e 6 mesi;
Augusto Bianchini, 9 anni;
Bruna Braga, 5 anni;
Andrea Bighignoli, 5 anni e 8 mesi;
Gaetano Blasco, 22 anni e 11 mesi;
Francesco Bolognino, 2 anni e 8 mesi;
Sergio Bolognino, 13 anni e 6 mesi;
Giuseppe Brugnano, 3 anni e 9 mesi;
Luigi Brugnano, 8 anni e 8 mesi;
Marco Busia, 5 anni e 7 mesi;
Salvatore Buttiglieri, 6 anni e 6 mesi;
Mario Cannizzo, 8 anni e 6 mesi;
Maurizio Cavedo, 10 anni;
Giuseppe Codamo, 4 anni e 1 mese;
Salvatore Colacino, 4 anni e 6 mesi;
Omar Costi, 9 anni e mesi;
Antonio Crivario, 12 anni;
Deborah Croci, 3 anni;
Maria Curcio, 3 anni e 2 mesi;
Giuliano Debbi, 4 anni;
Aldo Pietro Ferrari, 2 anni e 2 mesi;
Antonio Floro Vito, 10 anni e 8 mesi;
Gianni Floro Vito, 13 anni e 1 mese;
Francesco Formentini, 8 anni;
Antonio Giglio, 2 anni e 8 mesi;
Francesco Giglio, 2 anni e 8 mesi;
Giuseppe Iaquinta, 13 anni;
Giuseppe Loprete, 4 anni;
Francesco Macrì, 5 anni e 7 mesi;
Vincenzo Mancuso, 12 anni e 11 mesi;
Francesco Manfreda, 8 anni;
Giuseppe Manzoni, 4 anni e 4 mesi;
Francesco Matacera, 7 anni e 10 mesi;
Alfonso Mendicino, 6 anni e 8 mesi;
Salvatore Silipo, 8 anni;
Antonio Muto del 1955, 10 anni e 8 mesi;
Antonio Muto del 1971, 8 anni e 6 mesi;
Antonio Muto del 1978, 11 anni e 4 mesi;
Luigi Muto, 12 anni;
Antonio Nicastro, 1 anno;
Salvatore Olivo, 2 anni e 8 mesi;
Alfonso Paolini, 12 anni;
Francesco Pelaggi, 5 anni;
Pasquale Riillo, 14 anni;
Antonio Rocca, 4 anni e 6 mesi;
Giuseppe Ruggiero, 5 anni e 6 mesi;
Mirco Salsi, 3 anni;
Antonio Vertinelli del 1990, 4 anni;
Francesco Scida, 3 anni e 4 mesi;
Eugenio Sergio, 13 anni e 8 mesi;
Salvatore Sestito, 8 anni e 6 mesi;
Luigi Silipo, 11 anni e 10 mesi;
Rocco Tedesco, 4 anni;
Michele Tostoni, 5 anni e 4 mesi;
Mario Ursini, 7 anni e 6 mesi;
Antonio Valerio, 7 anni e 5 mesi;
Valerio Gaetano, 3 anni e 4 mesi;
Gabriele Valerioti, 7 anni e 3 mesi;
Silvano Vecchi, 2 anni;
Giuseppe Vertinelli del 1962, 16 anni e 4 mesi;
Palmo Vertinelli, 17 anni e 4 mesi;
Pierino Vetere, 11 anni e 2 mesi;
Giuseppe Villirillo, 7 anni;
Vulcano Mario, 13 anni e 11 mesi;
Walter Zangari, 2 anni e 2 mesi.

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