LAMEZIA TERME «Non è facile, anche perché in questi territori non vedono bene la stampa italiana, la considerano schiacciata sulle posizioni dell’Ucraina. A noi inviati capita ogni giorno di sentirci dire “non raccontate la verità”».
Giancarla Rondinelli è una storica inviata di “Porta a porta”. Una giornalista che non ha mai dimenticato la Calabria, sua terra d’origine. Oggi racconta come si vive alle porte del conflitto in Ucraina. È di base a Tiraspol, «città bellissima e ricca di storia», “capitale” della Transnistria, un pezzo di Russia calato in Moldavia. Ma nel giorno delle celebrazioni per la vittoria nella Seconda Guerra mondiale Rondinelli è stata in Gagauziya, zona “calda” a pochi chilometri da Odessa e dal Mar Nero, prossimi (possibili) fronti dell’invasione iniziata il 24 febbraio.
Come è stato accolto il discorso di Putin durante la parata per la Festa della Vittoria? «C’era grande attesa per le parole di Putin. Non soltanto tra i giornalisti ma anche tra la gente e la politica locale. Da quanto sono qui parlo molto con loro, cerchiamo di raccontare cosa accade in un’area filo russa. L’attenzione era tanta e le parole arrivate dalla parata sono state accolte bene. Il discorso è piaciuto, i cittadini hanno percepito che il governo di Mosca non vuole la guerra a tutti i costi».
In Gagauziya, spiega Giancarla Rondinelli, la lettura della guerra («ma la parola, come in Russia, non viene utilizzata né dalla gente né dai siti locali di informazione») sposa la versione del Cremlino quasi del tutto. Il quasi mette in evidenza la differente interpretazione tra le élite al potere e i cittadini. «Sono tutti dalla parte di Putin, ma mostrano anche empatia nei confronti degli ucraini. Qui ci sono forti legami con l’Ucraina, il confine è molto vicino, ci sono diversi pendolari. L’obiettivo delle critiche sono gli Stati Uniti, più che la Nato. E Zelensky viene considerato una “preda” degli Usa, una persona debole che si è affidata agli americani prestandosi a un gioco più grande di lui e, sfidando la Russia, ha messo a rischio il proprio popolo».
Nelle aree visitate il 9 maggio da Giancarla Rondinelli questo discorso si traduce in immagini e simboli. «Questa è un area considerata molto “calda”, tant’è che è difficile entrare e i checkpoint negli ultimi tempi si sono moltiplicati, e sono gestiti da soldati russi. Oggi la Moldavia aveva vietato ai cittadini di esibire il nastro di San Giorgio, uno dei simboli della vittoria nella Seconda Guerra mondiale, pena una multa di circa 450 euro. Nonostante la minaccia, qui tutti avevano quel nastro che è diventato il simbolo di chi, in questo conflitto, sta con Putin. Ci hanno detto che è parte della loro storia e nessuno può obbligarli a non indossarlo». Che sia stata una giornata particolare, Rondinelli lo spiega anche con un altro esempio: «Erano tanti i bambini vestiti da militari russi, una cosa difficile da vedere perché i bambini non dovrebbero essere sfiorati dai simboli della guerra».
Tutti segnali che qui l’invasione russa dell’Ucraina è vista da una prospettiva, insieme, preoccupata («abbiamo raccolto i racconti di tante persone spaventate da un allargamento del conflitto») e militante («se il fronte dovesse allargarsi, in Transnistria non avrebbero dubbi: sono tutti con Putin»).
Il passare delle settimane ha modificato la visione: «Sono stata qui anche in marzo, quando il grosso delle storie riguardava le persone in fuga dal conflitto. In questo momento si cerca di capire quanto durerà la guerra, fino a dove si spingerà e che ripercussioni avrà, anche e soprattutto dal punto di vista economico». In Transnistria e Gagauziya “economia” significa Russia: «Sono moltissimi gli aiuti che arrivano dal Cremlino: Mosca paga le pensioni, il gas, le bollette dell’energia elettrica. E qui ha grossi depositi di armi e centrali energetiche». Ruota tutto attorno alla Russia, «anche se alcuni fanno esplicito riferimento ai tempi dell’Unione sovietica»: gli ucraini sono «fratelli in mano a un leader che si è consegnato agli americani». E gli europei i “nemici” al servizio degli Stati Uniti d’America. Quanto cambiano le prospettive a qualche migliaio di chilometri di distanza. (ppp)
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