ROMA «L’insieme delle circostanze hanno dato prova del metodo mafioso e della paura di coloro che si sono trovati sulla strada dei capi e degli associati della “locale” ‘ndrina «che professava la sua aperta vicinanza alla ‘ndrangheta (“dietro di me c’è una nave”), impedendo alle vittime così di denunciare alle Forze dell’ordine avendo paura di ritorsioni». È quanto scrive il gip di Roma, Gaspare Sturzo, nell’ordinanza con cui ha disposto 43 misure cautelari nell’ambito dell’indagine della Dda e della Dia.
Per il giudice «siamo di fronte ad un complesso di vicende che a partire dal 2015/2016 si sono sviluppate, alcune ancora in corso sino al settembre 2020 e comunque con effetti di permanenza quanto a società ed aziende ad oggi gestite con capitali di illecita provenienza, o oggetto di riciclaggio, mostrando come gli indagati sono stati in grado di impedire – scrive il gip – ogni forma di collaborazione con le autorità giudiziarie, sia delle vittime, come di professionisti non collusi con costoro, nonché degli stessi dipendenti delle aziende e società».
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