COSENZA «A queste domande non rispondo, non voglio fare polemiche con nessuno». Così il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, a Cosenza per la presentazione del libro del suo sostituto Alessandro Riello, ha risposto in modo secco ai giornalisti che gli chiedevano in commento dopo la mancata nomina a capo della Direzione nazionale antimafia per la quale concorreva. Il volume del magistrato è un romanzo giallo dal titolo “Delitto in contropiede”, edito da Pellegrini.
Nicola Gratteri ha commentato anche l’annullamento da parte del Consiglio di Stato della nomina di Giovanni Bombardieri a capo della Procura di Reggio Calabria (ne abbiamo parlato qui).
«Mi spiace tantissimo, è una cosa inaspettata. Non sapevo neanche del ricorso». Il procuratore non ha poi espresso dubbi sulla possibile riconferma di Bombardieri da parte del Csm.
«I miei uffici sono stati sempre aperti a chi volesse denunciare e in particolare a Catanzaro una volta alla settimana incontriamo usurati ed estorti. E lo facciamo dal 2016», ha poi detto il procuratore, rispondendo alla domanda se fosse sorpreso della vicinanza che gli viene dimostrata dopo l’annuncio di un altro progetto di attentato ai suoi danni e che venerdì 13 maggio si tradurrà in un sit-in di solidarietà davanti alla sede della Procura.
«La gente col tempo si affeziona, perché in tanti hanno avuto riscontro dopo le loro denunce – ha aggiunto Gratteri – hanno fiducia, credono nella bontà di quello che stiamo facendo e prendono posizione».
«Dopo queste minacce, se fosse possibile, lavorerei ancora di più – ha sottolineato il magistrato in riferimento ad un eventuale suo ingresso nel Csm – e sto pensando a tante cose, ma non a prendere decisioni».
Il procuratore di Catanzaro ha accennato anche all’omicidio di Marcelo Pecci, ucciso ieri su una spiaggia della Colombia, magistrato del Paraguay, ma di origine italiana che si batteva contro i narcos, il riciclaggio e il finanziamento al terrorismo e, secondo le dichiarazioni dell’europarlamentare del Movimento Cinque Stelle, Sabrina Pignedoli, «sulla preoccupante presenza della ‘ndrangheta in Paraguay sottolineando che si trattava di persone perlopiù incensurate e appartenenti al mondo finanziario e accademico. Forse anche per questo è stato assassinato il magistrato antimafia paraguayano».
«Purtroppo non è una novità – ha detto Gratteri – quando ero in Colombia in un mese e mezzo hanno ucciso sette magistrati e poi hanno dovuto costruire un muro spesso un metro e mezzo, come recinto al tribunale di Bogotà, dove negli uffici fuori della porta non c’è scritto il nome, ma solo un numero».
«Gli interrogatori vengono fatti attraverso un vetro-specchio, che fa vedere solo da un lato – ha spiegato il magistrato – e viene cambiato anche il timbro di voce di chi fa le domande. Io sono stato di casa a Bogotà, Cartagena e Santa Marta e so questi grandi magistrati, che mettono a repentaglio la loro vita ogni giorno, che lavoro fanno. E per pochi soldi».
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