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Lotta alla ‘ndrangheta, la denuncia per sfuggire al ricatto dei clan. Falvo: «Toglierle il consenso per vincerla» – VIDEO

Incontro a Falerna organizzato dall’associazione “Hope”. Il procuratore di Vibo: «È un cancro da cui bisogna stare lontani anni luce». E ricorda: «Anche la politica sta cambiando»

Pubblicato il: 21/05/2022 – 21:00
di Giorgio Curcio
Lotta alla ‘ndrangheta, la denuncia per sfuggire al ricatto dei clan. Falvo: «Toglierle il consenso per vincerla» – VIDEO

FALERNA In pochi anni è cambiato il mondo, ma il lavoro da fare resta ancora moltissimo, sebbene i più giovani abbiano già mostrato più qualche segnale incoraggiante. Dettagli significativi emersi dalla piacevole serata organizzata a Falerna dall’associazione “Hope”. Un incontro – moderato dal giornalista Ugo Floro – che ha visto la presenza, oltre che della coordinatrice di associazioni antiracket della Calabria, Maria Teresa Morano, anche del procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, Camillo Falvo. La scelta di Falerna, poi, non è affatto casuale. È qui e a Nocera che l’anno scorso l’operazione “Alibante” della Dda di Catanzaro ha colpito i poteri legati alla criminalità organizzata. E non un caso che proprio il sindaco, Francesco Stella, nel corso del suo intervento abbia annunciato che il Comune di Falerna si «costituirà parte civile» nel processo.

Sfuggire alle vessazioni dei clan

Il messaggio è chiaro: sfuggire al ricatto e alle vessazioni dei clan di ‘ndrangheta, attraverso la denuncia. E dopo anni di lotte, contraddizioni, e risultati investigativi spesso eclatanti, è ancora doveroso ricordare la valenza e soprattutto l’importanza di un atto fondamentale per cercare di tagliare alla radice il sostentamento dei clan, dei gregari e dei capi bastone di ‘ndrangheta sparsi sul territorio. Già perché quello di stringere nella morsa del racket le attività commerciali è un’attività illecita che tuttora fa gola alle organizzazioni criminali ma, rispetto al passato, molte cose sono cambiate soprattutto nella consapevolezza delle comunità e dei cittadini.   

Falvo: «Far perdere il terreno sotto ai piedi alla criminalità»

È stato proprio il procuratore Camillo Falvo ad evidenziare una sorta di parallelo tra «l’incontro di questa sera e quello che è successo a Vibo nel 2019, dove sono arrivato a poche ore da “Rinascita-Scott”, un blitz che ha suscitato un movimento spontaneo di ragazzi, giovani che hanno compreso che forse non è sempre la ‘ndrangheta a vincere». «Non mi sono occupato di “Alibante” e, abituato a fare indagini sul territorio Vibonese che poi è molto vicino a quello Reggino, quando ho letto le vicende di Falerna e Nocera mi sono meravigliato, ma fino a un certo punto perché sono situazioni che riguardano tutti i territori calabresi». Nel corso del suo intervento il procuratore vibonese cita poi un pezzo di storia della ‘ndrangheta calabrese che, ora, assume maggiore significato. «Tra i tanti “cold case” che ho riaperto c’era quello che riguardava un omicidio, Nigro, nel 1982. Un esercente ammazzato dalle cosche per dare un messaggio agli imprenditori. Nigro si era ribellato, i capi cosca si erano riuniti decidendo di ucciderlo proprio affiche servisse da esempio per tutti gli altri. Dopo 40 anni, le cose però non sono cambiate molto. Io mi sforzo di far comprendere che per esempio in Sicilia le cose sono differenti, in Calabria siamo in un colpevole ritardo nella lotta alla criminalità organizzata. Rispetto a quando ho iniziato le cose sono cambiate, certo, soprattutto negli ultimi 7 o 8 anni ma la fiducia ha bisogno di tempo e di vedere i risultati che solo ora iniziano a vedersi. Ci vorrà tempo perché per sconfiggere la ‘ndrangheta bisogna toglierle il consenso, se ai clan non gli facciamo perdere il terreno sotto ai piedi non cambierà mai nulla, tanto di più quando la popolazione esprime consenso e si ribella poco».

Falvo_Falerna

«La denuncia è davvero importante»

E a proposito della pervasività della criminalità anche (e soprattutto) nei piccoli territori, il procuratore Falvo cita un episodio: «Quando stavamo effettuando l’indagine che poi ha portato all’operazione “Imponimento” siamo rimasti di stucco. Agli investigatori avevamo concesso di noleggiare le auto per utilizzarle come civetta e abbiamo notato in particolare una signora molto anziana che ogni volta che che vedeva le auto diverse nel paese, avvisava subito il capo bastone del luogo. Questo ci fa capire quanto consenso ha la ‘ndrangheta in questi territori. Un cancro da cui bisogna stare lontani anni luce». Come si combatte? Comprendendo una cosa ricorda Falvo: «Anche nella ‘ndrangheta l’unione fa la forza, abbiamo una serie di dati investigativi dai quali è emerso come alcuni facevano addirittura sfoggio delle conoscenza del boss, senza capire che in realtà così svendono le loro aziende». «Ma in tante intercettazioni recenti ci siamo accorti come molti boss ormai al telefono dicono “lì non ci andate che quello denuncia”. Ecco, questo ci fa capire che la denuncia è davvero importante».  

Falvo_Falerna

La politica sta cambiando

«Tutti abbiamo responsabilità, metto la magistratura per prima, anche perché – ha ricordato Camillo Falvo – le prime vere operazioni anti ‘ndrangheta sono state fatte solo recentemente, un po’ per disattenzione del ministero e del Csm. Nel 2016 con l’arrivo di Gratteri alla Dda di Catanzaro, e grazie alla sua credibilità, sono arrivati i risultati. Anche la politica, dunque, non ha saputo o voluto improntare un cambiamento. Ma forse anche la politica sta cambiando, anche per quello che sta accadendo. Chi si candida forse inizia a pensare bene dove è meglio cercare i voti, in molti mi chiedono consigli su come fare e come comportarsi. Fino a un decennio fa questa consapevolezza neanche c’era, anzi. Molti amministratori non facevano neanche mistero della loro vicinanza ai boss». Al termine della serata i ragazzi dell’associazione “Hope” hanno anche consegnato una targa al procuratore, che ha ricordato: «Bene il vostro impegno, ma tra qualche anno voglio trovarvi ancora qui». (redazione@corrierecal.it)

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