ROMA Non riscaldano gli animi i referendum sulla giustizia in programma il prossimo 12 giugno. Anzi. A giudicare dal sondaggio realizzato dall’Istituto Demopolis, appena 3 cittadini su dieci si dichiarano pronti a recarsi alle urne. E il 14% deve ancora pensarci. Ma oltre la metà degli italiani coinvolti nel sondaggio non sembra proprio interessato ad andare a voltare. Per l’esattezza il 56% degli intervistati ha detto che non si recherà ai seggi.
Se questi risultati dovessero trasformarsi in realtà, la consultazione referendaria promossa da Lega e Radicali naufragherebbe. I referendum su cui gli italiani sono chiamati ad esprimersi sono di carattere abrogativo e per svolgere questa funzione devono coinvolgere la metà più uno degli aventi diritto al voto. Diversamente non hanno alcuna efficacia. «Se questo orientamento di massima fosse confermato – spiega il direttore di Demopolis Pietro Vento – il quorum per la validità dei Referendum del 12 giugno non sarebbe raggiunto».
In particolare i quesiti, cinque in tutto, riguardano la riforma del Csm, l’equa valutazione dei magistrati, la separazione delle carriere dei magistrati sulla base della distinzione tra funzioni giudicanti e requirenti, i limiti agli abusi della custodia cautelare e l’abolizione della legge Severino.
Entrando nello specifico del monitoraggio effettuato da Demopolis, emerge che tra quanti andrebbero a votare si registrerebbe una posizione maggioritaria sulla proposta di separare le carriere dei magistrati. Mentre non coglie nel segno voluto dai propositori gli altri quattro quesiti che non ottengono neppure tra chi si dichiara pronto a recarsi alle urne la maggioranza.
Appena un terzo si è dichiarato favorevole all’abolizione delle norme che regolano l’ambito di applicazione della custodia cautelare. Oltre la metà (esattamente il 58%) si è espressa per mantenere intatta la legge “Severino” quella che prevede cioè norme che impediscono la partecipazione alle competizioni elettorali per il Parlamento europeo e italiano e alle elezioni regionali, provinciali e comunali di chi sia stato condannato in via definitiva per mafia, terrorismo, corruzione e altri gravi reati. Oltre che prevedere per gli amministratori locali la sospensione, dopo la condanna di primo grado per alcuni reati.
Anche se su questo quesito, l’Istituto Demopolis fa emergere la netta distinzione tra gli schieramenti politici: favorevoli all’abolizione sono quasi 6 elettori su 10 della Lega, il 53% di chi vota Forza Italia.
Il dato – secondo il sondaggio Demopolis per Otto e Mezzo – si riduce al 25% tra gli elettori di Fratelli d’Italia, crolla al 7 ed al 4%, rispettivamente tra chi vota il PD e il Movimento 5 Stelle.
I quesiti non sembrano attrarre oggi al voto la maggioranza assoluta degli italiani, che da anni esprimono comunque una valutazione negativa sul sistema giudiziario italiano: a bocciare il funzionamento della giustizia nel nostro Paese è oggi il 66% dei cittadini. «Le valutazioni di segno negativo – afferma Pietro Vento – raggiungono l’85% tra quanti hanno in corso o hanno avuto nel recente passato un’esperienza diretta in tribunale».
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