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inchiesta transilvania

Dall’adescamento al furto, il sesso offerto agli anziani per poi derubarli. «Facevano prostituire anche una 15enne»

I furti avvenivano nelle auto e nelle abitazioni delle vittime ignare, attraverso un sistema ormai collaudato e al quale prendevano parte diversi soggetti

Pubblicato il: 24/05/2022 – 7:00
di Mariateresa Ripolo
Dall’adescamento al furto, il sesso offerto agli anziani per poi derubarli. «Facevano prostituire anche una 15enne»

REGGIO CALABRIA Non traevano profitto solo dai raggiri agli anziani, fingendosi con loro bisognose o malate, ma li adescavano attraverso l’esercizio dell’attività di prostituzione, per poi derubarli. I furti avvenivano nelle auto e nelle abitazioni delle vittime ignare di tutto, attraverso un sistema ormai collaudato e al quale prendevano parte diversi soggetti: ognuno di loro aveva un compito ben preciso. È quanto emerge dalle carte dell’inchiesta “Transilvania” coordinata dalla Procura di Locri. L’operazione ha portato all’arresto di 16 persone; sono però 59 gli indagati tra Italia, Romania, Germania e Olanda. Le intercettazioni telefoniche e ambientali, oltre agli accertamenti finanziari, hanno consentito agli investigatori di ricostruire, partendo dalla denuncia di un singolo soggetto, i ruoli ricoperti dagli indagati e il modus operandi utilizzato con almeno 15 vittime accertate, anche se –  hanno sottolineato gli inquirenti – le persone raggirate potrebbero essere molte di più. 

«Nel giro della prostituzione anche ragazze minorenni»

Secondo quanto ricostruito, l’organizzazione criminale era dotata di una struttura piramidale composta da soggetti di nazionalità rumena, avente un vertice – due coniugi – in Romania e base operativa nel Reggino. E proprio in provincia di Reggio Calabria si consumavano gli episodi che vedevano come protagonisti prevalentemente uomini ultrasettantenni, «soggetti – scrivono gli inquirenti – particolarmente deboli e fragili – in ragione dell’età, di accertate deficienze psichiche, di un profondo senso di solitudine». Alcune delle adescatrici erano indotte a prostituirsi proprio dai loro compagni. In una conversazione captata dagli investigatori uno degli indagati, Mihai Ciurar, raccontava che «l’attività delle propria compagna era quella di “rimorchiare gli anziani”‘ e, aggiungeva “devo fare i soldi per qua le donne…le nere vanno per 10 euro, 15 euro, 20 euro (…) per dieci euro fanno tutto! Quando va lei chiede 50…30”. «Vedi di farti dare 20/30 euro», diceva al telefono alla compagna, i cui profitti andavano all’uomo. «C’era un via vai continuo di uomini perché, è risaputo che, in quel caseggiato, ci sono donne che si prostituiscono». A raccontare del “via vai” fuori da un appartamento di Grotteria Mare, nel reggino, è una delle vittime dei raggiri: «Ho sentito dire che queste tre donne, sovente facevano venire delle ragazze giovani dalla Romania, per farle prostituire. Magari ne facevano venire una o due alla volta, e dopo un po’ di tempo, le mandavano via e ne facevano venire altre nuove. Addirittura ho sentito dire che, nella primavera del 2017, hanno portato a prostituirsi anche una ragazza che avrà avuto si e no una quindicina d’anni». Un giro di prostituzione che, secondo l’uomo, si consumava «in tutti i paesi della Jonica».

Dall’adescamento al furto

Ricostruito nei minimi dettagli il modus operandi dell’associazione a delinquere. Un metodo che – scrivono gli inquirenti – «non interessava esclusivamente la fase preliminare alla circonvenzione (ovvero l’adescamento), bensì si estrinsecava in un complesso di azioni consequenziali poste in essere ciclicamente dagli indagati, a ruoli alterni e prestabiliti da una strategia criminale vincente, consolidatasi nel tempo». Dall’adescamento della vittima, si passava alle estorsioni e ai furti. Mentre una donna della banda distraeva la vittima facendosi portare fuori con una scusa, gli altri componenti dell’organizzazione criminale si introducevano indisturbati nelle abitazioni. A coprirli un palo e ad aspettarli un autista. Tutto era studiato nei minimi dettagli.  «Te lo dico, ti chiamo quando partiamo, quando andiamo in giro e quando non senti più rumore tu vai…!», si legge in una conversazione tra due indagate. I furti avvenivano anche nelle auto delle vittime. Le donne si facevano accompagnare dalle loro vittime in un posto e poi lasciavano un finestrino semiaperto per permettere ai componenti della banda – telefonicamente costantemente in contatto con loro – di entrarci e rubare. Gli episodi di furto sono stati ricostruiti dagli inquirenti attraverso le immagini delle videocamere. I furti più cospicui avvenivano anche attraverso la sottrazione delle carte bancoposta. Le adescatrici – attraverso il metodo del raggiro – erano in grado di scoprire i codici pin per prelevare dal conto delle loro vittime. In un caso viene descritto il furto di ben 5mila euro a un ultrasessantacinquenne. L’uomo aveva fatto entrare all’interno della propria abitazione due donne straniere: «Una delle due mi faceva segno di voler qualcosa da mangiare con le mani, per cui impietositomi le feci entrare». L’anziano, che al momento della denuncia aveva delle ferite sul volto, aveva raccontato: «Avevo preso anche due birre per loro, e per me mi versai un po’ di vino nel bicchiere, ne bevvi un poco e poi andai a prendere delle arance nel mio giardino, per prenderle ho sbattuto con la testa contro i rami. Rientrato, ho mangiato la carne ed ho finito a bere il vino che era rimasto nel bicchiere, da li in poi non ricordo più nulla, non ricordo le donne che vanno via da casa mia, non ricordo come sono arrivato sul mio letto». «Il codice – aveva raccontato ancora l’uomo in fase di denuncia – lo tenevo nascosto all’interno di un termos dell’acqua, a sua volta nascosto in una stanza che utilizzo come ripostiglio; a nessuno ho mai detto dove lo custodivo».

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