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L’azienda calabrese salvata dai dipendenti che sfidano la Cina

Aiula, presidente della cooperativa: «L’autoimpiego sul territorio regionale è possibile. Qui c’è fame di ingegneri»

Pubblicato il: 25/05/2022 – 9:00
L’azienda calabrese salvata dai dipendenti che sfidano la Cina

COSENZA Sono centinaia in Italia, ma in Calabria la Nextelettronica, azienda specializzata nella produzione di schede e apparati elettronici con sede a Piano Lago (Cosenza), è il primo caso di working buy out, ovvero di società rilevata dai dipendenti. A costruirla sotto forma di cooperativa sono stati 16 soci, ex dipendenti della Freelink, azienda dipendente da un gruppo con sede in Lombardia fallita per divergenze fra i soci della vecchia società. I lavoratori hanno impegnato il loro Tfr e la Naspi (la vecchia indennità di disoccupazione) per racimolare i primi 320mila euro necessari per costituire il capitale sociale. Al loro fianco il fondo Coop Fond della Legacoop e il Cfi, fondo di investimenti che fa capo al Mise. Il primo ha messo a disposizione 120mila euro, il secondo, dopo un esame minuzioso del piano industriale, 500mila euro di capitale oltre a 200mila euro di finanziamenti che i soci fondatori dovranno restituire. Ad assistere i lavoratori, durante l’intera operazione, c’e’ stata la Fiom Cgil. «Abbiamo recuperato – spiega all’Agi Massimo Covello, segretario generale dei metalmeccanici Cgil della Calabria – uno stabilimento modello, che non ha problemi di mercato. La crisi e’ stata determinata unicamente da contrasti fra i vecchi soci e non certo dall’assenza di committenti». Dopo la crisi del 2018 e il conseguente stop avvenuto nel 2019, proprio mentre l’azienda andava a gonfie vele, nell’agosto dello scorso anno è partita la nuova società. «Eravamo passati da tre turni al giorno, sabato e domenica compresi, per fronteggiare le richieste, al fermo totale» dice Pietro Aiuola, presidente della coop. L’azienda impiegava 30 lavoratori assunti a tempo indeterminato oltre a 70 lavoratori con contratti a tempo determinato o a chiamata per realizzare tessere elettroniche. Alla vecchia proprietà sarebbe dovuto subentrare un altro imprenditore, la cui proposta è stata giudicata poco credibile. Da qui la decisione dei lavoratori di assumere i rischi del mercato in prima persona per conservare il posto. Un’azienda rinata come l’Araba Fenice sotto i migliori auspici. Ora che lo stabilimento ha riaperto i cancelli, grazie anche al supporto della Regione, in uno dei poli del mancato sviluppo calabrese individuato decenni addietro come sede di un polo vetrario dell’Efim mai costruito, il lavoro non manca.

«L’autoimpiego in Calabria è possibile. Qui c’è fame di ingegneri»

«Abbiamo ricevuto una commessa da una multinazionale che ci ha affidato la produzione di contatori per il gas – spiega Aiula, barese da diversi anni trapiantato in Calabria – e speriamo presto di acquisire nuove commesse». Sul cammino dei nuovi imprenditori si sono messi di traverso prima la pandemia, poi la guerra in Ucraina. «Molte aziende – dice il presidente della Nextelettronica – vorrebbero rientrare in Italia, ma bisogna fronteggiare la mancanza della materia prima oltre che i rincari dovuti alla crisi in Ucraina. E’ stato difficile superare questi ostacoli a cui si è aggiunta – prosegue – la brurocrazia. Fra Inps e Agenzie delle Entrate ci sono stati sottratti 70mila euro che avremmo dovuto versare come capitale e che sono stati conteggiati come Irpef». Altro problema, reperire personale altamente specializzato. L’azienda ha avviato contatti con l’Università della Calabria al fine di organizzare stages formativi per i futuri ingegneri elettronici. «C’è una fame di ingegneri che fa paura. Il nostro vantaggio – sottolinea Aiuola – è che disponiamo di tre linee produttive. Grazie alla nostra flessibilità possiamo rispondere alla richiesta di grandi quantitativi o di piccole quantità di materiale elettronico di cui Cina e Taiwan hanno il monopolio». Il sogno, quindi, è quello di richiamare in Italia quote di mercato finite nell’Est asiatico. «Vogliamo – prosegue Aiula – che i colleghi rimasti a casa possano rientrare al lavoro, impiegando un centinaio di persone come in passato». Per il sindacato, spiega Massimo Covello, la nuova azienda è motivo d’orgoglio. «L’autoimpiego – dice – in Calabria è possibile. Questa azienda può avere un grande sviluppo, magari attingendo anche ai finanziamenti del Pnrr».

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