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“Sistema Rende”, Caruso: «È un processo politico». Sammarco: «Il popolo ha assolto Sandro Principe»

L’ultimo atto prima dell’attesa sentenza. Il processo, in corso al Tribunale di Cosenza, si chiude con le arringhe degli avvocati Caruso e Sammarco

Pubblicato il: 25/05/2022 – 17:37
di Fabio Benincasa
“Sistema Rende”, Caruso: «È un processo politico». Sammarco: «Il popolo ha assolto Sandro Principe»

COSENZA L’ultimo atto prima della sentenza. Il processo “Sistema Rende”, in corso al Tribunale di Cosenza, volge al termine. Oggi le ultime due arringhe degli avvocati Franz Caruso difensore di Pietro Paolo Ruffolo e Franco Sammarco difensore di Sandro Principe, ex sindaco di Rende.

L’arringa di Caruso

L’avvocato Caruso prende la parola alle 12 e per un’ora ripercorre le tappe del processo e tenta di smontare le accuse mosse da Pierpaolo Bruni, oggi procuratore a Paola, ma all’epoca pm della Dda di Catanzaro che firmò l’inchiesta. «È un processo politico che vuol mettere alla sbarra un metodo di conduzione politica, ma che nulla a che fare con la mafia: ognuno esercita la leadership politica in un territorio ma nessuno può trasformarla in una accusa per mafia», dice Caruso. «In questo processo non ci sono fatti penalmente rilevanti. Sono passati quasi dieci anni dall’inizio del procedimento e il gip aveva rigettato la misura cautelare per due capi di imputazione su tre per Ruffolo, e ne aveva disposto i domiciliari. Non ci sono le condizione perché si arrivi alla condanna di un soggetto incensurato». Secondo Caruso «c’è la costante ricerca di una responsabilità tour court del rappresentante politico, motivo per cui si fanno i processi per fatti meramente mediatici. Sono diversi gli episodi che riguardano sindaci che non possono più ricandidarsi e il “Tirreno” docet», aggiunge l’avvocato. «L’unica contestazione a Ruffolo è quella di concorso esterno in associazione mafiosa con la cosca Lanzino-Ruà e per aver assunto dipendenti per la Rende 2000 e promosso di Puppo responsabile. Ma chi sono i dipendenti che sarebbero stati assunti? L’imputazione deve essere precisa e nel processo mancano i nomi», continua Caruso. Che aggiunge: «Non ci sono prove di un solo contatto di Ruffolo con esponenti di quel gruppo criminale. Inoltre Michele Di Puppo si scopre partecipe del sodalizio criminale solo nel 2011 e lo stesso che chiederà mai un solo voto a un cittadino per Ruffolo». Caruso conclude ricordando che «Ruffolo diventa assessore solo quindici giorni prima della delibera che trasforma Rende 2000 in un ente in house. Per questi motivi chiedo l’assoluzione perché i fatti non sussistono».

L’arringa di Sammarco

Dure poco più di due ore, invece, l’arringa dell’avvocato Franco Sammarco che citerà Gustavo Zagrebelsky, Giuseppe Conso e Pietro Nuvolone. «Mi diletto a tentare un processo alla modalità del procedimento stesso, alla sua funzione. Ciascuno dei ruoli processuali risponde e deve piegarsi ai presidi costituzionali che disegnano la matrice e la direttrice laica del processo. Siamo dinanzi ad una impostazione che definirei geneticamente distorta e distorcente e necessariamente ci troviamo di fronte allo stravolgimento di un corretto sistema investigativo», sostiene Sammarco. «Partirei dall’articolo 112 della costituzione che pone in capo al pm l’obbligo di esercitare l’azione penale. La scelta dei mezzi di prova rappresenta essa stessa una prova del processo», continua Sammarco. Che aggiunge: «In questo processo non lamentiamo il fatto che il pm non abbia fatto un’analisi del voto e della contestualizzazione storica ma che abbia costruito tutto sul clima di Rende, elemento centrale del processo e che ha dato il nome al procedimento stesso». Secondo Sammarco: «sono stati ascoltati solo gli avversari di Principe per stabilire il clima e poi collaboratori di giustizia raccattati come Giuseppe Zaffonte che all’epoca del presunto accordo criminale aveva dieci anni». Sammarco insiste e sui collaboratori continua la sua arringa. «La collega Anna Spada ha definito i collaboratori di giustizia privi di autonomia genetica, io aggiungo privi di autonomia contenutistica. Si parla solo delle assunzioni nella cooperativa e di chi vi lavorasse e ovviamente del Bar Colibrì. Fatti di cui tutti sapevano, nulla però viene detto in tema di prova». Sammarco poi si sofferma sull’articolo 27 della Costituzione, “la responsabilità penale è personale”. «Pare evidente la necessità di scongiurare punizioni collettive, ma ancora prima l’incolpazione collettiva». «Se il tema dell’infiltrazione mafiosa deve essere commisurato alla capacità di inserirsi nelle istituzioni che dovrebbe essere facilitato dal patto criminale – dice Sammarco – in questo processo è emerso come abbia portato alla mancata elezione di ciascuno delle persone che sarebbero state sostenute. Queste candidature – frutto di un “pattone” – non hanno avuto seguito». Inoltre, sottolinea l’avvocato: «Rispetto ai miliardi di investimenti pubblici e privati, la procura non è stata in grado di individuare una sola opera di interesse per l’economia della mafia o una ditta interessata ai lavori in odor di mafia. La commissione d’accesso intervenuta nel 2011 nel comune di Rende non ha riscontrato nulla». Secondo il legale di Sandro Principe, il pm avrebbe costruito l’accusa su una «non tesi» quella ciò che vedrebbe «Sandro Principe a capo di una coalizione». «Bisognerebbe dimostrare – aggiunge – come ha utilizzato questa presunta condizione di leader. E di conseguenza mi vien da pensare che tutto ciò che è accaduto a Rende sia stato frutto della sollecitazione di Principe. Tutto quello che accade però – dice Sammarco – avviene quando Principe non c’è» perché vittima di un tentato omicidio. In chiusura, l’avvocato si rivolte al Collegio giudicante: «La prima domanda da porsi è “cosa è giusto fare e poi porsi il tema di quale norma applicare”. Il popolo ha già assolto Sandro Principe».

La camera di Consiglio

Il Collegio giudicante (Antico Iole Vigna e Urania Granata) dopo aver ascoltato le arringhe difensive si sono riunite in Camera di consiglio prima di emettere la sentenza. Prima della conclusione dell’udienza, il pm Pierpaolo Bruni ha chiesto ed ottenuto l’acquisizione di alcuni articoli di giornale che riferivano dell’attività politica di Principe nel periodo nel quale subì l’attentato e in quello immediatamente successivo.

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