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la sentenza

Sistema Rende, tutti assolti. Le lacrime di Principe dopo il verdetto – VIDEO

Chiuso il processo nato da un’inchiesta del magistrato Pierpaolo Bruni. Oltre all’ex sindaco e parlamentare prosciolti anche gli ex amministratori Bernaudo, Ruffolo e Gagliardi

Pubblicato il: 25/05/2022 – 18:20
di Fabio Benincasa
Sistema Rende, tutti assolti. Le lacrime di Principe dopo il verdetto – VIDEO

COSENZA Tutti assolti, con la tensione che si scioglie in lacrime per Sandro Principe, ex parlamentare e sottosegretario, imputato eccellente del processo. Il Tribunale di Cosenza (Antico Presidente, a latere Vigna e Granata) ha emesso la sentenza al termine del processo scaturito dall’inchiesta firmata dall’allora sostituto procuratore della Dda di Catanzaro (oggi procuratore di Paola) Pierpaolo Bruni, denominata “Sistema Rende”, scattata il 23 marzo 2016. Assolti gli imputati Sandro Principe (difeso dai legali Franco Sammarco, Paolo Sammarco e Anna Spada), Umberto Bernaudo (difeso dall’avvocato Francesco Calabrò) Pietro Paolo Ruffolo (difeso dagli avvocati Franz Caruso e Francesco Tenuta),  Giuseppe Gagliardi (difeso dall’avvocato Marco Amantea).

Principe: «Emozionato ma ricordo le sofferenze. Rende un esempio»

«Ringrazio i miei avvocati Franco Sammarco, che ancora una volta si è dimostrato un principe del foro, e Anna Spada, che sebbene giovane è validissima e una speranza per il foro cosentino». Queste le prime parole di Principe dopo l’assoluzione. «Da un lato c’è una grande soddisfazione, sono emozionato – ha detto l’ex parlamentare –. Ma ricordo le sofferenze patite in questi anni. Ho commesso tanti errori soprattutto nel giudicare gli uomini ma mi sono battuto con tutto me stesso per il riscatto di Rende. E lo posso dire a voce alta, Rende rimane un esempio di una comunità vera e genuina».

L’accusa

I presunti intrecci tra alcuni politici ed esponenti del clan Lanzino-Ruà sono finiti al centro del processo “Sistema Rende”. Il pubblico ministero, Pierpaolo Bruni, al termine della requisitoria (da oltre 500 pagine) e di un lungo processo aveva invocato pene severe per gli imputati (LEGGI QUI). Il castello accusatorio era legato al presunto impegno nella campagna elettorale a sostegno di Sandro Principe di membri delle coalizioni a lui legate di cui si sarebbe occupato anche Michele di Puppo, presunto boss della ‘ndrangheta di Cosenza. La circostanza viene collegata dal pubblico ministero ad una intercettazione nel corso delle provinciali 2009, quando «Principe non si candidava personalmente ma sponsorizzava, la candidatura di Bernaudo e Ruffolo, politici della sua coalizione». Il 12 maggio 2009, Di Puppo si rivolge al suo interlocutore (facente parte di una coalizione avversaria a Principe): «Ti raccomando chi ti è vivo…che sennò mi metti dentro i casini…perché mi stanno facendo alcuni favori…che io gli avevo chiesto…hai capito!!). La frase, per l’accusa, certifica non solo l’esistenza della promessa di favori ma «addirittura di favori che stanno già facendo». Non solo Di Puppo. Anche Francesco Patitucci, esponente di vertice della cosca Lanzino, avrebbe profuso il proprio impegno elettorale a favore di Sandro Principe e della sua coalizione. Le fonti di prova riportate dal pm nella requisitoria si riferiscono alle elezioni primarie avvenute nell’ambito del Pd nell’ottobre del 2007. Non si tratta di elezioni amministrative o politiche. In una conversazione, l’interlocutore rivolgendosi a Patitucci commenta il risultato conseguito: «Eh, ma tutte le persone che lo aiutavano, tutti gli assessori…tu stesso che lo aiutavi…millenovencentotrenta voti ha pigliato».

L’uso del bar Colibrì per fini elettorali

«Il bar Colibrì veniva utilizzato per svolgere propaganda elettorale a favore delle coalizioni facenti capo a Principe». Lo mette nero su bianco, il pm Pierpaolo Bruni, L’ex primo cittadino rendese, avrebbe ottenuto il sostegno elettorale in cambio della gestione del Bar Colibrì. I D’Ambrosio, in base al presunto accordo, «si sarebbero aggiudicati la gara ma non avrebbero pagato i canoni di locazione poiché l’importo sarebbe stato scomputato dai lavori che avrebbero eseguito allo stesso bar».

Le difese

Un’impostazione accusatoria definita dall’avvocato Anna Spada «congetturale, l’apoteosi dell’automatismo e del semplicismo giudiziario». L’arringa della legale che difende l’ex parlamentare e assessore regionale Sandro Principe ha ripercorso, proponendosi di smontarla pezzo per pezzo, l’istruttoria dibattimentale «per la quale Sandro Principe dovrebbe considerarsi responsabile per tutti i fatti contestati perché non è plausibile o logicamente sostenibile il contrario». Spada ha parlato di «vistosa forma di pregiudizio ideologico da parte dell’accusa che ha tentato di trasformare decenni di un’azione politica educativa socialista riformista culminata nell’indiscutibile leaderismo dell’onorevole Sandro Principe nella prova della sua responsabilità illimitata per qualsiasi atto sia fuoriuscito dal Comune di Rende». Per la difesa sarebbe «completamente smontata la tesi di un patto pluriennale plurisoggettivo tra la coalizione riferita a Principe e gli esponenti della cosca Lanzino Ruà». La difesa di Pietro Ruffolo, ex assessore principiano del Comune di Rende, rappresentata dall’avvocato Francesco Tenuta, parla invece di «ostinazione accusatoria della Dda, che già nel 2012 aveva arrestato Ruffolo sempre per gli stessi fatti, fondati sempre sugli stessi elementi di prova di questo processo. Fatti, però, che, all’epoca erano stati destituiti di ogni fondamento da parte del gip di Catanzaro, dei giudici del tribunale della libertà e di quelli della cassazione. Rende – spiega il legale – non è stata mai una città mafiosa. Non ha mai respirato l’olezzo della mafia». Oggi le arringhe conclusive di Franco Sammarco e Franz Caruso (leggi qui).

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