LAMEZIA TERME Per essere un viaggio alle origini del vino, quello del Concours Mondial de Bruxelles ha dedicato soltanto pochi passi del proprio percorso alla capitale calabrese della vitivinicoltura. Una disattenzione, quella riservata a Cirò e al Cirotano, che ha sollevato polemiche e richieste di dimissioni e, poi, sollecitato una serata “riparatoria” a Rende, location scelta dalla Regione per ospitare il clou degli eventi della manifestazione internazionale. Nel Crotonese avevano coltivato, a giusta ragione, la speranza di ospitare la manifestazione, forti della densità di cantine storiche, della qualità della produzione e della presenza dell’Enoteca regionale presieduta da Gennaro Convertini. Che, infatti, è finito al centro delle critiche. Una tempestosa contestazione ha accompagnato l’esordio del Concours in terra di Calabria.
Il sindaco di Cirò Marina, Sergio Ferrari, sarebbe arrivato a chiedere le dimissioni di Convertini, divulgatore agricolo dell’Arsac alla guida dell’Enoteca regionale dal 2016, designato dall’allora governatore Mario Oliverio. Troppo evidente la dimenticanza per non provocare il fastidio dei produttori e di un territorio che si considera – perché lo è – centrale per il settore. A Convertini sarebbe stato contestato, se non altro informalmente, di aver preferito il territorio bruzio per ragioni di opportunità personale legate alla sua esperienza professionale: il presidente dell’Enoteca regionale ha avuto un ruolo nella rinascita del mondo del vino cosentino, a partire dal 2004. Ha partecipato, infatti, prima all’idea de “Gli itinerari dei vini della Calabria Citra”, e poi alla conquista della Dop “Terre di Cosenza”. Sicuramente un successo, trasferito nei numeri raccolti nel decreto che dà conto dell’organizzazione della manifestazione (per la quale Convertini è giudice internazionale dal 2014). Le aziende censite in Calabria sono 165: 50 nel Cirotano, 70 nel consorzio Terre di Cosenza. Fatto che è, dicono i maligni, valso a Rende il titolo di capitale del vino calabrese, nonostante i riferimenti storici e istituzionali (la sede dell’Enoteca regionale) siano tutti dalla parte di Cirò. Il Cirò rappresenta circa l’80% del vino doc calabrese, e nell’area insiste il 20% dei vigneti presenti in tutta la regionale. Insomma, mai irritazione fu più giustificata.
E dire che l’investimento e il ritorno d’immagine per la Calabria sarebbero di prim’ordine – e certo si sarebbe potuto fare a meno di polemiche. All’Arsac, cui è affidata la gestione della kermesse, sono stati trasferiti 300mila euro. Il quadro riepilogativo del progetto prevede un impegno di 400mila euro tra allestimenti delle sale (110mila), attività di animazione del concorso (110mila) e attività di comunicazione (80mila). A questi si aggiungono l’animazione e comunicazione itineranti (altri 100mila euro). Dotazione finanziaria importante – non avrebbe potuto essere altrimenti – alla quale si affiancano le spese sostenute dai Gal per le manifestazioni collaterali che si sono svolte in tutte le province. Ciascuno dei Gruppi d’azione locale è intervenuto con le proprie risorse (o trovando degli sponsor che aiutassero a coprire le spese) per portare il Concours sul territorio. Un impegno aggiuntivo che, forse, qualcuno non aveva messo in conto. Di certo a Cirò si aspettavano di essere al centro della manifestazione e non una delle tante tappe della “macchina” che ha portato in Calabria 350 esperti da 54 Paesi. Ed è stata una importante vetrina internazionale. Se il Concours, però, cercava davvero le origini del vino, il Cirotano avrebbe dovuto rappresentare il fulcro della ricerca e non soltanto una delle mete. (redazione@corrierecal.it)
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