COSENZA Preside e vice preside minimizzano, ma le critiche sul liceo Lucrezia della Valle di Cosenza non si placano. Non è piaciuta l’iniziativa della vice preside di coprire con del nastro adesivo gli strappi dei jeans indossati da una studentessa. Un capo d’abbigliamento assai diffuso fra i giovani, ma giudicato dalla docente indecoroso. Alcuni giorni fa la vicenda è stata denunciata, con un post su Facebook, dal Fronte della gioventù comunista che stamane ha tenuto un flash mob davanti all’istituto scolastico. Pochi gli studenti presenti, perché, a detta dei manifestanti, una circolare della dirigente avrebbe minacciato provvedimenti contro chi si fosse assentato. Un gruppo di giovani, però, si è presentato all’appuntamento. Alcune ragazze hanno provocatoriamente indossato jeans con del nastro adesivo ed è stato esposto uno striscione: “Il vostro decoro – c’era scritto – è violenza e repressione, no alla scuola dei padroni”. Secondo le dirigenti dell’istituto, gli studenti avrebbero percepito l’iniziativa della docente come un gioco, ma non sono in molti a pensarla così. A bocciare sonoramente la scuola è Antonio Marziale, sociologo presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori. “A scuola – dice all’Agi – si deve andare vestiti con decoro e su questo non ci piove. Ma un jeans strappato lo vedi in vetrina anche in via Montenapoleone a Milano o in via dei Condotti a Roma, le vie della moda per eccellenza. Dunque – spiega – se una ragazzina li mette per andare a scuola è solo una ragazzina “di tendenza”. Per il presidente dell’Osservatorio dei diritti dei minori, “senz’altro gli studenti vanno educati, ma non certo umiliati o messi alla berlina. Gli educatori devono saper distinguersi dagli educandi proprio perché non possono sbagliare. Stiamo tornado all’età della pietra. Ricordo – aggiunge – che Diego Armando Maradona, genio e sregolatezza, scandalizzò perché scendeva in campo con l’orecchino. Siamo nel 2022 dopo Cristo e non avanti Cristo. Che una docente chieda ad una alunna di non metterli più è un conto, fornendo le dovute spiegazioni. Che, invece, provveda a mettere scotch ai jeans, come accaduto a Cosenza, è un altro conto. Torneremo sempre punto e a capo se la selezione del personale docente rimane a “un chilo e mezzo mille””.
Marziale rincara la dose. Come garante dei minori propose, scatenando un putiferio, l’applicazione della legge sullo stress da lavoro. “Una legge inattuata – sostiene – che prevede visite periodiche per i dipendenti della pubblica amministrazione. Vale per i docenti, ma anche, ad esempio, per gli appartenenti alle forze dell’ordine e per i piloti degli aerei al fine di verificarne la tenuta emotiva. E’ possibile che la docente in questione abbia bisogno di un periodo di riposo”. Per i giovani comunisti, che hanno scatenato la polemica con il loro post, “l’abbigliamento di una ragazza non può essere determinato da un presunto ‘Dress Code’ della scuola, che in primis non è riportato in alcun documento legale, e che nega il diritto di ogni persona di esprimere sé stessa anche con il suo modo di vestire. Riteniamo totalmente vergognosi atti di questo genere che, a detta di diversi studenti e studentesse dell’istituto, già si sarebbero ripetuti svariate volte, e che sono il frutto di ciò che sta diventando oggi la scuola pubblica. La competizione tra i vari istituti, sempre più simili ad aziende che hanno come loro capi i vari dirigenti scolastici, porta ognuno di essi a volere apparire all’esterno come “scuola d’elite” con studenti perfetti, imponendo loro norme assurde come questa”. Anche il Comune della città bruzia censura l’operato della scuola. Per Rosi Caligiuri e Maria Pia Funaro, rispettivamente segretaria del Pd cittadino e vicesindaca della città, che richiamano episodi simili avvenuti a Roma, il punto è: “Cosa s’intende per buon senso o decoro nell’abbigliamento e, soprattutto, chi lo stabilisce? Per quale motivo – aggiungono – ragazzi e ragazze dovrebbero vestirsi a scuola in maniera diversa da come si vestono nella quotidianità?”. La formazione della personalità, sottolineano, “si manifesta anche nell’esteriorità che si decide di adottare, deve perciò essere il più possibile libera, non può essere vincolata da regole che stabiliscano cosa mostrare di sé e come”.
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