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Operazione “Propaggine”

Le mani dei clan sulla Capitale. Arresti confermati per il boss Carzo e i suoi uomini

Il Riesame non ha modificato 13 misure disposte dal gip. In discussione la posizione del presunto capo clan Vincenzo Alvaro

Pubblicato il: 30/05/2022 – 17:24
Le mani dei clan sulla Capitale. Arresti confermati per il boss Carzo e i suoi uomini

ROMA Arrivano le conferme da parte del Tribunale del Riesame sulle misure disposte nell’ambito della maxi inchiesta “Propaggine” della Direzione distrettuale antimafia di Roma e della Dia contro la prima “locale” ufficiale di ‘ndrangheta nella Capitale. I giudici del Riesame hanno confermato l’ordinanza di custodia cautelare disposta gip di Roma per tredici dei quattordici arrestati che avevano discusso il loro ricorso la loro scorsa settimana: tra questi anche il boss Antonio Carzo.
Per l’altro capo dell’organizzazione, Vincenzo Alvaro, la decisione del Riesame è attesa nei prossimi giorni dopo che la sua posizione e quella di altri indagati è stata discussa nell’udienza che si è tenuta questa mattina a piazzale Clodio. I giudici, con le decisione assunte finora, hanno confermato l’accusa di 416 bis, l’associazione mafiosa, e dell’aggravante mafiosa per i reati fine.

L’inchiesta

A coordinare le indagini che hanno portato all’arresto di oltre quaranta persone sono stati i procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò e i pm Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Stefano Luciani che contestano, a vario titolo, le accuse di associazione mafiosa, cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni, truffa ai danni dello Stato aggravata dalla finalità di agevolare la ‘ndrangheta, riciclaggio aggravato, favoreggiamento aggravato e concorso esterno in associazione mafiosa.
A capo della ‘ndrina di Roma, secondo l’impianto accusatorio della procura di Roma, c’erano Vincenzo Alvaro e Antonio Carzo: proprio Carzo nell’estate del 2015 aveva ricevuto dalla casa madre della ‘ndrangheta l’autorizzazione per costituire una locale nella Capitale, retta dallo stesso Carzo e da Alvaro.

«Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto»

«Noi a Roma siamo una propaggine di là sotto», dicevano in un’intercettazione. E nelle conversazioni riportate nell’ordinanza del gip Gaspare Sturzo alcuni degli indagati facevano riferimento proprio al lavoro di alcuni magistrati e poliziotti che avevano lavorato prima in Calabria e poi a Roma: «c’è una Procura… qua a Roma … era tutta …la squadra che era sotto la Calabria. Pignatone, Cortese, Prestipino» ed ancora «e questi erano quelli che combattevano dentro i paesi nostri …Cosoleto … Sinopoli… tutta la famiglia nostra…maledetti».

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