CATANZARO La Corte d’Appello di Catanzaro, sezione penale prima (presidente Loredana De Franco; Consigliere Giovanna Mastroianni; Consigliere Ippolita Luzzo) ha confermato la sentenza emessa in data l’11 ottobre 2018 dal Tribunale di Cosenza nei confronti di G.F., 65enne cosentino. L’uomo è stato condannato ad otto mesi di reclusione, oltre al pagamento delle spese di costituzione e difesa sostenute dalla parte civile rappresentata dall’avvocato Gianpiero Calabrese.
«Sei una donna inutile, sei ignorante, non vali nulla, sei una puttana». Si rivolgeva così G.F. nei confronti della ex moglie, secondo l’accusa, costantemente vittima di minacce e molestie. Da quanto ricostruito nel corso del procedimento, l’uomo avrebbe costantemente rivolto alla donna «frasi fortemente intimidatorie, minacciandola ripetutamente di morte, la aggrediva reiteratamente, percuotendola con particolare violenza, la offendeva continuamente con pesanti insulti e frasi ingiuriose». Ed ancora la seguiva e pedinava sistematicamente in ogni suo spostamento, controllandone le abitudini, le frequentazioni ed i movimenti, la importunava in ogni circostanza, effettuava numerosissime telefonate in qualsiasi orario della giornata, sottoponendola a costanti mortificazioni ed umiliazioni. In un episodio, presso la abitazione della figlia (durante la festa di compleanno di quest’ultima), avrebbe aggredito verbalmente e fisicamente la ex moglie tirandole uno schiaffo e tentando di strangolarla, provocandole lesioni giudicate guaribili in cinque giorni.
Il processo è stato avviato a seguito della querela presentata dalla vittima di violenze che, in udienza, ha riferito «di essersi sposata nel 1987 e di essersi separata legalmente nel giugno 2008 e che dal loro matrimonio erano nate due figlie». Sin dall’inizio del loro rapporto matrimoniale, l’uomo si era mostrato aggressivo e autoritario, ma lei aveva fatto in modo di stemperare il suo carattere mostrandosi sempre molto remissiva. «C’erano continui litigi e ogni volta le diceva che era una nullità, che non valeva niente, che era ignorante, mentre lui riteneva di essere il “sapientone, lui era 1’intelligente, lui era tutto”».
Nel 2006 si erano verificati degli episodi di violenza. Il marito non accettava la separazione e durante i litigi le metteva sempre le mani al collo e diceva: «Puttana, io ti ammazzo, sarò la tua ombra». Nel periodo della separazione, durante un litigio, le aveva girato il braccio e le aveva fratturato il polso. Quando poi era andato via da casa, l’uomo avrebbe detto «stai attenta perché io sono sempre dietro la porta»; in un’altra occasione le avrebbe detto «ringrazia che non sei uscita dalla porta alle sei perché io avevo il coltello e se tu eri uscita io ti avrei tirato una coltellata». Anche la figlia dell’imputato, in aula, ha raccontato delle violenze subite dalla madre che erano «iniziate nel periodo della separazione avvenuta nel 2008 e negli anni suo padre era diventato molto aggressivo». Una volta aveva assistito ad un litigio dal quale sua madre era uscita con un braccio spezzato; un’altra volta le aveva tirato un calcio alla schiena; «quando suo padre poi era andato via di casa, andava dietro la porta anche quando c’era solo lei in casa e cercava di buttarla giù dicendo che era casa sua e che doveva entrare; spesso offendeva sua madre da dietro la porta chiamandola puttana e dicendole che c’erano 3 uomini in casa quando invece erano in casa solo lei e sua madre; era spesso sotto casa e quando uscivano spesso le seguiva, ciò avveniva anche quando erano in macchina ed anche loro amici se ne erano accorti ed avevano chiesto a sua madre perché il marito la seguisse».
L’imputato, nel corso del suo esame, ha negato ogni addebito riferendo che in realtà era «la moglie a comportarsi male con lui e ad accusarlo ingiustamente di avere una relazione sentimentale un’altra donna».
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