ROMA L’automatica attribuzione del solo cognome paterno «si traduce nell’invisibilità della madre» ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che «si riverbera e si imprime sull’identità del figlio». Ciò comporta la contestuale violazione degli articoli 2, 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Lo sottolinea la Corte costituzionale nelle motivazioni della sentenza del 27 aprile scorso che ha cancellato la regola dell’automatica assegnazione ai figli del cognome del padre.
Serve un «impellente» intervento per «impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome». Ripota la sentenza della Consulta sul doppio cognome. Proprio per la funzione svolta dal cognome, osservano i giudici, è opportuno che il genitore titolare del doppio cognome scelga quello dei due che rappresenti il suo legame genitoriale, sempre che i genitori non optino per l’attribuzione del doppio cognome di uno di loro soltanto.
Tutte le norme dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale riguardano l’attribuzione del cognome al figlio. Pertanto, dal giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, la sentenza troverà applicazione alle ipotesi in cui l’attribuzione del cognome non sia ancora avvenuta. Eventuali richieste di modifica del cognome seguiranno la disciplina prevista a tal fine, salvo specifici interventi del legislatore. Sono queste le conseguenze della sentenza depositata oggi.
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