CATANZARO I soldi destinati ai migranti venivano usati per comprare materiale edilizio per la costruzione delle abitazioni dei nipoti – Domenico Scordio, 32 anni, ed Edoardo Scordio, 30 anni – di don Edoardo Scordio, 75 anni, parroco di Isola Capo Rizzuto condannato, in appello, a 8 anni e 8 mesi nell’ambito del processo “Jonny” per il reato di partecipazione alla cosca mafiosa Arena. Non solo. Edoardo Scordio jr, è l’accusa, grazie alla distrazione di denaro dalla gestione del centro accoglienza profughi, ha costituto la società Edan Servizi srl (con sede nell’abitazione di Domenico Scordio), formalmente intestata alla madre ma gestita di fatto dal trentenne. Tale società ha ottenuto un contratto di subappalto per l’amministrare il centro culturale “Antonio Rosmini” grazie a somme di denaro derivanti dalle casse della Confraternita Misericordia gestita da don Scordio.
Sulle base delle indagini condotte dalla Dda di Catanzaro, i pubblici ministeri Domenico Guarascio e Pasquale Mandolfino hanno richiesto la misura patrimoniale della confisca, previo sequestro, dei beni riconducibili a zio e nipoti. Questa mattina i finanzieri del Comando provinciale di Crotone, su disposizione del Tribunale di Catanzaro, sezione misure di prevenzione, ha disposto il sequestro di un patrimonio del valore di circa 1,5 milioni di euro che comprende 3 fabbricati e una villa di pregio; un autoveicolo; partecipazione totalitaria in una società, all’epoca dei fatti attività del settore del turistico alberghiero; tutti i rapporti bancari intestati e/o riconducibili ai proposti ed ai loro familiari.
Per chiarezza nella cronaca dei fatti è bene riassumere il ruolo contestato a don Scordio nel procedimento Jonny. Il sacerdote rosminiano, avvalendosi del supporto di Leonardo Sacco – ex governatore della confraternita Misericordia condannato a 20 anni in appello per associazione mafiosa – ha gestito di fatto per 15 anni, tramite la confraternita, il centro di accoglienza profughi a Isola Capo Rizzato sotto le direttive della cosca Arena. I fondi pubblici, appaltati dalla Prefettura di Crotone alla Misericordia e destinati a dare ristoro ai migranti del Cara (centro accoglienza richiedenti asilo) di Isola confluivano nella disponibilità delle famiglie di ‘ndrangheta di Isola e anche del sacerdote. La confraternita – attraverso l’operato di Sacco e Scordio – assegnava subappalti a soggetti intranei alla cosca Arena (Antonio Poerio, Fernando Poerio e Angelo Muraca hanno ottenuto il subappalto per la somministrazione dei pasti ai rifugiati). Le indagini hanno poi messo in luce come la Misericordia reimpiegava i soldi pubblici destinati ai migranti nell’accaparramento di ulteriori commesse pubbliche e private (quali la ristrutturazione di cinema comunali, la fornitura di cippato per le biomasse presenti nel territorio crotonese e altro) anche per il mezzo della costituzione di apposite società di capitali del tutto estranee ai compiti della confraternita.
Lo stesso don Scordio ricordano le indagini «riceve, senza alcun titolo, cospicue erogazioni di danaro dalla Misericordia». Per esempio la sono state emesse dalla parrocchia di Scordio, Maria Assunta ad Nives, note di debito per 132.665,00 euro per non meglio chiarita assistenza spirituale. Scordio viene citato quale vero gestore della Misericordia da dai cugini Poerio, da Sacco e anche dal sindaco di Isola. In ultimo, il collaboratore di giustizia Santo Mirarchi racconta di avere assistito a una serie di incontri tra Scordio e Paolo Lentini, alias “Pistola”, elemento apicale della cosca Arena. Secondo quando dice il collaboratore Scordio «veniva utilizzato per contattare una serie di imprenditori, costretti a pagare l’estorsione alla criminalità organizzata isolitana, anche sotto forma di sponsorizzazione alla squadra di calcio di Isola Capo Rizzuto, gestita occultamente dallo stesso sacerdote».
Ma, stando alle ultime risultanze, anche i due nipoti di don Scordio hanno beneficiato di questa gestione “privata” degli appalti che piovevano sulla Misericordia garantendosi una «vita agiata», scrivono i sostituti della Dda, e un posto di lavoro. Non solo i ragazzi avrebbero adoperato i soldi della Misericordia per comprare materiale edilizio per le loro abitazioni ma Edoardo Scordio classe ’90, era il gestore di fatto del centro “Antonio Rosmini” il cui stabile è stato costruito con i soldi distratti dalla confraternita.
«Infatti la “Miser.Icr. s.r.l. – impresa sociale”, voluta e gestita da don Edoardo Scordio e Leonardo Sacco – scrivono i magistrati –, paga annualmente un canone pari a 10mila euro alla “parrocchia S. Maria Assunta o Ad Nives” per la gestione del centro culturale e di spiritualità “Antonio Rosmini”, voluto ed edificato dallo stesso don Edoardo quale rappresentante legale di detta Parrocchia. Successivamente, la “Miser.Icr. s.r.l. – impresa sociale” passa in gestione, “a costo zero”, il Centro Culturale alla “Edan Servizi srl – impresa sociale” di fatto gestita da Edoardo Scordio classe ‘92, nipote di don Edoardo Scordio classe ’47, e palesemente costituita per amministrare il centro culturale (costruito anche parzialmente con proventi illeciti) per conto di quest’ultimo». Insomma, resta tutto in famiglia anche perché entrambi i nipoti erano assunti nella “Miser.Icr. s.r.l. – impresa sociale”. (a.truzzolillo@corrierecal.it)
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