LAMEZIA TERME Uno scambio di messaggi tra dirigenti del Comune e quelli della Regione, una legge che cambia all’improvviso e un progetto redatto da un consigliere comunale e che, nonostante tutto, non si arresta. Non mancano altri elementi per costruire una storia fitta di contraddizioni, chiarimenti, nuovi dubbi e smentite.
Un vero romanzo con al centro la nota e ormai solo simbolica ex “Cantina Sociale”, una struttura di grande valore storico per il territorio di Sambiase e tutta la città di Lamezia Terme, ma anche economico con l’edificio che è stato venduto all’asta per un prezzo pari a poco oltre un milione e 200 mila euro. Se ne è parlato molto in questi ultimi mesi, e n’è scritto tanto, citando diversi aspetti della vicenda e, come ha riportato il Quotidiano del Sud, anche l’interesse della commissione antimafia. Una vicenda tornata prepotentemente alla ribalta della cronaca lametina soprattutto dal 17 dicembre del 2021, dopo il rilascio del permesso a costruire (il n. 70) e che di fatto è consequenziale all’approvazione del progetto dell’1 aprile del 2020.
Tra i tanti aspetti c’è ad esempio quello che riguarda la figura del progettista, l’ingegnere Pietro Gallo, consigliere comunale e capogruppo di Fratelli d’Italia. Una circostanza alquanto particolare e che apre a diversi interrogativi quanto meno sotto al profilo dell’opportunità. Ma i tratti di presunte anomalie sono tuttavia molteplici, a cominciare proprio dalla natura del progetto presentato dall’amministratore unico della “Società A.C. 1931 srl”, Armando Curto e che sin dal principio riguardava prima l’intervento di demolizione e ricostruzione della cantina, poi il parziale cambio di destinazione d’uso, seguendo la norma in vigore e che consentiva di non modificarla oltre il 50% dell’edificio, da opificio industriale a commerciale. Già in estate però subentrano le prime importanti novità con l’entrata in vigore della nuova legge regionale del 29 giugno 2020 e che, di fatto, ha portato all’abrogazione dell’unica disposizione che consentiva ai proprietari di edifici residenziali e non residenziali di chiedere, insieme alla demolizione e ricostruzione, anche il cambio della destinazione d’uso, con evidenti conseguenze anche sul progetto dell’ex Cantina Sociale. In buona sostanza il nuovo articolo aveva cancellato dalle opzioni dei costruttori la possibilità di poter demolire la Cantina Sociale e al contempo cambiarne la destinazione d’uso che non avrebbe potuto essere differente da quella iniziale di “opificio/industriale”.
Una norma che fa scattare evidentemente qualche campanello dall’allarme tra i dirigenti del Comune di Lamezia Terme, in particolare Alessandra Belvedere e il Rup Antonio Ruberto che, il 12 marzo 2021, in una nota comunale informavano la società delle nuove norme entrate in vigore chiarendo che il progetto iniziale non poteva più essere accolto, lasciando aperte due opzioni: il cambio della destinazione d’uso dell’immobile esistente oppure la demolizione e la ricostruzione dell’edificio senza però il cambio della destinazione d’uso. Contemporaneamente la corrispondenza tra il Comune e la Regione Calabria (la dirigente del Dipartimento Infrastrutture) si infittisce, con i dubbi della dirigente del Settore Governo del Territorio del Comune di Lamezia e il responsabile SEP, nonostante le risposte della Regione risalente al 17 giugno 2021.
Nonostante tutto i dirigenti del Comune di Lamezia esprimono comunque la volontà di rilasciare il 29 ottobre 2021 il permesso richiesto per le demolizione della Cantina Sociale, basandosi soltanto su una “disciplina transitoria” quella cioè della legge regionale del 20 febbraio del 2012 che in buona sostanza permetteva a tutti i soggetti titolari di progetti che alla entrata in vigore della legge di «poter presentare una istanza per chiederne il riesame, anche per i titolari di progetti già approvati ma non ancora ultimati, presentando comunque una istanza di variante». Una legge transitoria ma soprattutto un beneficio inteso come “implicito” come comunicato ancora dal Comune di Lamezia dopo la replica della Dirigente del dipartimento infrastrutture della Regione Calabria e nonostante nel dicembre del 2012 del progetto legato alla Cantina Sociale non se ne parlava neanche e nonostante i costruttori non avessero presentato alcun riesame e nessuna istanza di revisione del progetto.
Insomma, una delle ipotesi è che si sarebbe proceduto ad abbattere la Cantina Sociale e avviare i lavori del nuovo edificio basandosi su una interpretazione che appare puramente personale, applicata ad un progetto dell’aprile del 2020, usufruendo di una norma abrogata a dicembre dello stesso anno e di un articolo di una legge regionale transitoria risalente addirittura al 2012.
Una serie di vizi e atti sui quali potrebbe accendersi più di qualche riflettore, anche considerando che i costruttori non avrebbero neanche presentato una regolare istanza e neppure chiesto il riesame del progetto mentre il permesso di costruire concede proprio il cambio di destinazione d’uso da opificio industriale a locali in parte ad uso commerciale e in parte artigianale per il 100% del volume dell’edificio.
Da non sottovalutare poi la monetizzazione delle aree da destinare ai parcheggi ad uso pubblico per il nuovo edificio. Diversi osservatori hanno sollevato perplessità anche su questo aspetto. C’è un articolo, il 92, dell’NTA (Norme Tecniche di Attuazione) che consente la monetizzazione solo per interventi realizzati su edifici che non superano comunque i 3mila metri quadri di estensione. In questo progetto, invece, l’area supera abbondantemente i 9mila (9.417 mq), senza tener conto neanche del costo delle opere che il Comune di Lamezia dovrebbe realizzare e a proprie spese.(redazione@corrierecal.it)
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