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La riflessione

«Lo spirito di fortezza»

Da qualche giorno la vita mi mette davanti tante persone scoraggiate e sfinite dalle avversità: un uomo senza colpa, privato della libertà personale, un ammalato al quale declinano le forze, un uo…

Pubblicato il: 05/06/2022 – 12:45
di Nunzio Raimondi
«Lo spirito di fortezza»

Da qualche giorno la vita mi mette davanti tante persone scoraggiate e sfinite dalle avversità: un uomo senza colpa, privato della libertà personale, un ammalato al quale declinano le forze, un uomo debole che si crogiola nella sua debolezza, un uomo forte che è umiliato nella sua reputazione e ne patisce oltremisura; ed, ancora ieri, il racconto della vita di una persona, a me molto cara, che non reagisce più, rischiando di soccombere sotto il peso della sofferenza morale.
Ed ecco, come sempre mi accade, vedo che la Scrittura mi ha preparato nella quotidianità e con esperienze di vita, al messaggio che devo far mio, per comprendere gli eventi in modo più chiaro.
Insieme a questi eventi, che, da tempo, ho imparato a considerare dei segni, ho ripensato alla provocazione di Paola Militano che, su questa testata, ha celiato un po’ sui recenti commenti circa le performances televisive del procuratore di Catanzaro e sulla dietrologia che le accompagna.
L’argomento, contrariamente a quanto sembri, ha molto a che vedere con la sofferenza, perché, per paradosso, è proprio chi agisce in modo «indipendente sia dalle correnti della propria categoria che dalla politica» e, direi, con libera coscienza, a trovarsi spesso sotto attacco a causa dell’indipendenza del proprio pensiero.
Sennonché, proprio questa coerenza (molto avversata dai venduti, dagli ipocriti e dagli incoerenti d’ogni tempo), finisce per incarnare una virtù umana (peraltro una delle quattro virtù cardinali) che “nelle difficoltà assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni. Dà il coraggio di giungere fino alla rinuncia e al sacrificio della propria vita per difendere una giusta causa».(Catechismo della Chiesa Cattolica – 1808).
Ma, vedete, lo Spirito (qui di fortezza),su cui la Scrittura di oggi invita a riflettere, non è “un’esclusiva” degli eroi (o presunti tali) dei nostri tempi.
E ciò perché la fortezza è principalmente un dono di Dio.
È la dote non dei superuomini ma di semplici persone che compiono «…nel silenzio quotidiani gesti eroici nelle piccole e grandi difficoltà dell’esistenza» (Papa Francesco).
Ecco, prendendo spunto da quanto ha scritta la brava Direttrice di questa Testata, vorrei completare (se così si può dire) l’argomento, parlando del coraggio dei vinti.
Quanti, infatti,si ritrovano vinti dalle avversità; in questi primi giorni d’anticipo della calura estiva, mentre tutti s’affettano ad affollare le spiagge, loro sono a casa o in carcere o in un letto d’ospedale, soli con il loro patire.
Tutto questo li induce a ragionare sulla fragilità e sulla debolezza e lo stesso dovrebbe avvenire in noi, che spesso ci disperiamo o ci rassegniamo nella prova.
Invece il patire è il logos di Dio, come insegna la croce di Cristo!
Se proviamo davvero a metterci nelle mani di Dio, affidandoci al Suo disegno su di noi anche quando questo preveda patimenti e sofferenze indicibili, se proviamo ad offrire la sofferenza per il bene di coloro i quali ce la procurano, ci accorgeremo presto che la vera rete di protezione per chi soffre è lo Spirito di Fortezza, il dono dello Spirito.
Questo dono è silenzioso, agisce con delicatezza, non assume mai il tono di una voce che non può tacere, non reagisce
ad una sfida con una sfida ma piuttosto parla con la voce della mitezza, non ammette che ci si faccia più deboli di quanto si sia, perché lo Spirito rende tutti forti, non getta nella polvere i vinti e non mette sugli altari i vincitori.
Per combattere viltà e tradimento, non basta il coraggio dei forti, tali per il mondo,
occorre invece la mitezza dei deboli, non certo quella che conduce a “scelte facili”, ma quella che sa implorare la fortezza dello Spirito: «Quando sono debole è allora che sono forte». (2 Cor 12,10).

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