Ultimo aggiornamento alle 14:36
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 5 minuti
Cambia colore:
 

la riflessione

«Il fallimento della guerra. Quando Tiziano Terzani scrisse ad Oriana Fallaci»

Peccato che il giornalismo italiano (quello che conta, intendo) abbia perso l’ennesima occasione per dimostrare un po’ di senso critico, gettandosi a capofitto nella spettacolarizzazione della guer…

Pubblicato il: 07/06/2022 – 8:09
di Francesco Bevilacqua*
«Il fallimento della guerra. Quando Tiziano Terzani scrisse ad Oriana Fallaci»

Cala gradualmente il sipario sullo “spettacolo” della guerra. Le frettolose platee delle televisioni generaliste, il popolo dei reality e dei talk, quello delle serie tv e dei film hollywoodiani si mostrano stanchi. Sono bastati tre mesi di martellamento mediatico per fare venir voglia alla gente di tornare ad occuparsi di sport, shopping, centri commerciali, Amazon, vacanze (la parte privilegiata), di inventarsi qualcosa per sopravvivere (quella emarginata). È come se, d’un tratto ci si fosse avveduti che la crudezza della realtà è cosa ben diversa dai copioni precotti dei reality, che i proiettili che sventrano corpi sono ben altro che i finti fucili a pompa delle fiction, che i visi terrorizzati e depressi che giungono dalle campagne ucraine sono differenti dai volti ebeti di Sgarbi e Mughini (e dei tanti come loro) che si urlano improperi nei talk o da quelli pieni di supponenza dei vari Mieli e Rampini che affibbiano patenti di filoputinismo a chi non la pensa come loro. Già i Tg cominciano ad aprire con notizie diverse dalla guerra (morti di presunti statisti, imprese sportive, commemorazioni, celebrazioni, fatti di cronaca e quant’altro). La conta quotidiana delle distruzioni e dei morti, i resoconti sulle avanzate e le ritirate degli eserciti, le schermaglie verbali fra i contendenti perdono audience e share. Gli opinionisti s’inventano altre competenze, altri argomenti su cui sputare la boria malcelata, l’opportunismo e la malafede che li contraddistingue (salvo rare eccezioni). È un brutto segno. Significa che ciò che qualcuno temeva si sta verificando: la guerra in Ucraina è un’immensa, inestricabile, fagocitante palude. Per tutti. Per russi e ucraini innanzitutto: i primi non riusciranno a tenere quieti i territori che conquisteranno; i secondi, non entreranno dalla porta principale in Europa e nella Nato, rimarranno un paese devastato. Per gli americani, poi, che non vedranno la Russia destabilizzata per come avrebbero voluto. Per gli europei, che subiscono le scelte di altri e ne pagano le conseguenze. Per una buona parte dei paesi del Mediterraneo che dipendevano dai cereali, dall’acciaio, dai fertilizzanti dell’Ucraina e della Russia. Per il mondo intero, infine, che deve affrontare l’ennesima catastrofe umanitaria, sociale ed economica. Dunque, come avrebbe dovuto essere evidente per tutti, la guerra serve solo a chi sa di poterci lucrare, ma non serve a risolvere problemi. Peccato che il giornalismo italiano (quello che conta, intendo) abbia perso l’ennesima occasione per dimostrare un po’ di senso critico, gettandosi a capofitto nella spettacolarizzazione della guerra e nel servilismo verso le élite che lo finanziano. E dire che ne abbiamo avuti di giornalisti veramente liberi, non conformisti, non proni verso il potere. Uno di questi è stato Tiziano Terzani, scomparso nel 2004. Corrispondente dall’Asia per Der Spiegel, collaboratore di Repubblica e poi del Corriere della Sera, Terzani, negli ultimi anni della sua vita, si battè strenuamente contro la guerra, opponendosi con i suoi scritti alle allora imperanti guerre di esportazione della democrazia dichiarate da noi occidentali (quelle che non possiamo neppure nominare). Di quell’epopea ci restano i suoi splendidi libri, fra cui “Lettere contro la guerra”, che ne contiene una indirizzata ad Oriana Fallaci il 4 ottobre del 2001, alla vigilia della guerra che gli USA scatenarono contro l’Afghanistan dei talebani per vendicare gli attentati alle Torri Gemelle. Una guerra durata vent’anni, con 3700/5000 vittime solo fra i civili (secondo Marc. W. Herold), costata agli USA 978 miliardi di dollari (stime della Brown University) e conclusasi indecorosamente nell’agosto del 2021 con l’abbandono del paese, restituito a quegli stessi talebani ai quali l’Occidente avrebbe preteso di impartire una punizione esemplare. Naturalmente, ora che gli americani hanno abbandonato gli afghani al loro destino nessun giornalista mainstream pontifica più sulla mancanza di democrazia e le atrocità in quel paese ed a nessuno viene in mente di rifornire di armi i ribelli afghani. In quella lettera Terzani profetizzò il disastro, poi effettivamente accaduto, rivolgendosi ad una Fallaci ferocemente schierata a favore dell’uso della forza. Così Terzani scriveva, fra molto altro: “[…] la politica nasce dal superamento della vendetta e […] la cultura occidentale ha le sue radici più profonde in alcuni miti, come quello di Caino e quello delle Erinni, intesi da sempre a ricordare all’uomo la necessità di rompere il circolo vizioso della vendetta per dare origine alla civiltà. […] Purtroppo, oggi, sul palcoscenico del mondo noi occidentali siamo i soli protagonisti e i soli spettatori, e così, attraverso le nostre televisioni e i nostri giornali, non ascoltiamo che le nostre ragioni, non proviamo che il nostro dolore. Il mondo degli altri non viene mai rappresentato. […] I Kamikaze [Terzani si riferiva agli integralisti islamici che si fecero esplodere insieme agli aerei lanciati contro le Torri Gemelle – n.d.r.] mi interessano perché vorrei capire che cosa li rende così disposti a quell’innaturale atto che è il suicidio e che cosa potrebbe fermarli. […] Non si tratta di giustificare, di condonare, ma di capire. Capire, perché io sono convinto che il problema del terrorismo non risolverà uccidendo i terroristi, ma eliminando le ragioni che li rendono tali.” In quel frangente, nessuno si permise di dire a Terzani che era “amico dei talebani”, “giustificazionista”, “vigliacco”, come avviene oggi. Anzi, Terzani, come Gino Strada, Giulietto Chiesa e molti altri che contestavano l’uso della mano militare per risolvere i problemi internazionali, erano stimati, imitati, portati ad esempio. Ecco, nella contesa fra Terzani e la Fallaci, fu il primo dei due ad aver ragione: la guerra degli USA contro i talebani non solo non risolse il problema, ma destabilizzò una nazione sovrana, provocò distruzioni e vittime, innescò nuovi conflitti e produsse le precondizioni perché qualcun altro si sentisse autorizzato ad usare la guerra come strumento di vendetta. Ed è davvero curioso che questa esemplare lezione di giornalismo e di buon senso non abbia insegnato nulla ai tanti soloni filogovernativi che impazzano nei programmi televisivi e sui giornali italiani.    

*Avvocato e scrittore

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x