CORIGLIANO ROSSANO «La distribuzione delle risorse Piano nazionale di ripresa e resilienza che rientrano nei diritti, come ad esempio il bando sugli asili nido, credo che non debbano essere messa a bando. Gli asili nido devono essere realizzati dove c’è più bisogno non in base alle capacità progettuali di quel comune».
Il direttore dello Svimez, l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, utilizza questo esempio per dimostrare l’approccio alla progettazione derivante dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Durante il suo intervento in remoto nel corso di un convegno sul tema organizzato al Castello ducale dall’amministrazione comunale di Corigliano Rossano, Luca Bianchi critica la distribuzione delle risorse nel Mezzogiorno d’Italia, mettendo peraltro in dubbio che la ripartizione del 40% delle risorse, quindi gli 82 miliardi destinati al Sud, siano davvero tali.
«La storia della quota del 40% vincolato al Sud non ci fa stare particolarmente tranquilli – spiega Bianchi –. Dico sempre che il Mezzogiorno vince sempre la battaglia degli stanziamenti, in termini di ripartizione, e perde la guerra della spesa. Se quelle quote non corrispondono ad un disegno strategico, non sono garantite. Noi non avevamo chiesto il 40%, introdotto poi dal governo Draghi, per far fronte alla mancanza reale di una riflessione strategica su quali fossero gli obiettivi da perseguire ed il concreto ruolo del Mezzogiorno in un Paese che doveva cambiare. La quota del 40% è stata messa lì, non è un obiettivo ed in realtà non c’è alcun vincolo vero all’interno del Pnrr che ne garantisca il raggiungimento. Il 40% è una sorta di valore medio che bisognerebbe raggiungere: peraltro arrivando a spendere 82 miliardi non la si raggiungerebbe perché non si tratta del 40% dell’intero fondo, ma si riferisce alla spesa cosiddetta territorializzabile. Aggiungerei che nel Pnrr sono previsti i 12 miliardi di anticipazione per il Fondo di sviluppo e coesione, a loro volta restituiti in media dopo sette, otto anni. C’è quindi tutto un gioco contabile che si potrebbe aggirare per raggiungere il 40%».
Bianchi, dunque, mette in serio dubbio che quella quota di risorse possa essere centrata. «Aver definito quegli 82 miliardi come quota destinata al Mezzogiorno – sottolinea il direttore dello Svimez – sembra quasi suggerire che se il Sud non riuscirà a spendere quelle risorse, sarà colpa sua. La reale localizzazione degli interventi dipenderà dalla modalità con cui sono distribuiti sul territorio. Noi abbiamo un pacchetto di interventi che riguardano prevalentemente le infrastrutture ferroviarie, in cui la quota di destinazione territoriale è abbastanza semplice da definire: l’opera è già predeterminata e quelle sono le risorse stanziate. Quei soldi serviranno per la Napoli-Bari e per un pezzo di Salerno-Reggio».
«Il resto delle risorse – specifica ancora Luca Bianchi – le possiamo catalogare in due grandi ambiti di intervento: da un lato quelli che rientrano nella categoria delle infrastrutture sociali, quelle rivolte alla cittadinanza attraverso gli interventi in sanità, nell’istruzione e nell’assistenza sociale. L’altro tassello è quello delle politiche industriali. In base a questi presupposti – sottolinea con forza – le risorse dovrebbero essere localizzate dove ve n’è più bisogno: questo è uno dei punti di debolezza fondamentali del Pnrr perché si è optato per il meccanismo della distribuzione delle risorse tramite i bandi competitivi. Vuol dire che periodicamente i ministeri pubblicano bandi destinati agli enti pubblici, per cui vengono richiesti progetti attinenti alla materia del bando. Ed è il caso, ad esempio, dei bandi sugli asili nido o delle palestre per le scuole. Questo meccanismo che si poggia sulla pubblicazione di bandi competitivi è in profonda contraddizione con l’obiettivo della riduzione dei divari territoriali, perché stabilita in assenza di una analisi reale dei fabbisogni. I bandi competitivi – spiega ancora il direttore dello Svimez – rischiano di restituirci una fotografia della distribuzione delle risorse centrata sulle capacità amministrative degli enti locali piuttosto che rispetto al vero fabbisogno di quel determinato intervento».
L’aggravante è rappresentata dalle modalità diverse utilizzate dai ministeri nella pubblicazione dei bandi. «In queste settimane i comuni si sono trovati a partecipare a una pluralità di bandi con caratteristiche diverse, a cui rispondere ritornando al meccanismo classico della spesa meno efficiente del Mezzogiorno, ovvero si presentano progetti dove già ci sono i soldi e non dove realmente servono. I comuni, quindi, partecipano ai bandi non per effettiva necessità di quell’intervento ma in base alla disponibilità di un criterio che si poggia sulla capacità amministrativa, quindi nel saper presentare i progetti».
Tutto questo, per Luca Bianchi condiziona «da un lato il reale obiettivo del Pnrr, dall’altra rischia di andare in profonda contraddizione con quel 40% perché tutto dipenderà dalle capacità progettuali che pongono giganteschi alibi. Ed allora ascolteremo il sindaco di Milano dire che se al Sud non sono bravi a presentare progetti lo faranno loro. Questo è l’elemento centrale. Se gli asili nido sono essenziali e costituzionalmente garantiti occorre che le risorse siano distribuite sulla base del fabbisogno reale non attraverso la competizione con i bandi. L’asilo è un diritto o non lo è. E cedo che le risorse connesse ai diritti (istruzione, salute ecc, ndr) – termina Luca Bianchi – non possano essere messe a bando». (l.latella@corrierecal.it)
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