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Confartigianato imprese Calabria: «No al salario minimo per legge»

L’associazione rilancia la posizione del suo presidente nazionale. «Crescita degli stipendi legata a quella del Pil»

Pubblicato il: 11/06/2022 – 16:12
Confartigianato imprese Calabria: «No al salario minimo per legge»

CATANZARO La proposta del salario minimo per legge non convince Confartigianato Imprese Calabria che rilancia la presa di posizione del presidente nazionale, Marco Granelli, critico su interventi pubblici vincolanti in materia salariale. «La determinazione del salario – è scritto in una nota di Confartigianato Calabria – deve continuare ad essere affrontata dalla contrattazione collettiva, per non compromettere il delicato equilibrio fra retribuzione, tutele contrattuali e competitività delle imprese che in Italia è garantito da oltre 70 anni. Chiediamoci cosa accadrebbe nel caso in cui il salario minimo legale fosse inferiore a quello stabilito dai contratti collettivi: ne provocherebbe la disapplicazione e, nel caso in cui fosse più alto, si creerebbe uno squilibrio nella rinegoziazione degli aumenti salariali con incrementi del costo del lavoro non giustificati dall’andamento dell’azienda o del settore. Il salario minimo stabilito per legge, quindi, sminuirebbe il ruolo svolto dalla negoziazione tra le parti sociali per l’individuazione di trattamenti economici congrui e coerenti, rischiando di colpire anche le tutele collettive e i sistemi di welfare integrativi. La contrattazione collettiva garantisce già condizioni e strumenti per sostenere i redditi e individuare modalità per migliorare la produttività. Questo vale soprattutto nell’artigianato e nelle piccole imprese per cui la contrattazione collettiva è anche lo strumento che ha consentito di individuare soluzioni su misura per le esigenze organizzative e di flessibilità di imprese appartenenti a settori e con mercati spesso estremamente diversi fra di loro assicurando, nel contempo, importanti tutele collettive ai lavoratori, anche attraverso il proprio consolidato sistema di bilateralità».
«Il tema della crescita dei salari in Italia – conclude la nota – resta invece fortemente legato a quello della crescita del Pil, rimasta al palo a causa delle gravi inefficienze strutturali del nostro Paese, dell’elevato costo del lavoro, del gap di competitività con le imprese di altri Stati determinato, ad esempio, dal superiore costo dell’energia, dalle politiche di rigorosa austerity che hanno portato ad una consistente riduzione della buona spesa pubblica e degli investimenti pubblici. Ecco, forse sarebbe il caso di ripartire da qui per assicurare un concreto sostegno a lavoratori ed imprese».

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