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Breast Unit in Calabria, le nuove prospettive dopo l’audizione in Consiglio regionale

Rimarcato l’esito proficuo dell’incontro: «Un momento importantissimo di confronto e di programmazione»

Pubblicato il: 12/06/2022 – 20:09
Breast Unit in Calabria, le nuove prospettive dopo l’audizione in Consiglio regionale

CATANZARO «Siamo stati auditi dalla commissione Sanità del Consiglio regionale e, dall’interlocuzione sviluppatasi durante l’incontro, è emerso che le Breast Unit calabresi non sono completamente costruite. La buona notizia è che già funzionavano e già davano risposte sanitarie efficaci. Ora per uniformarci agli standard nazionali la Regione attiverà al più presto una cabina di regia così come chiede il Ministero della Salute avviando controlli semestrali e quindi il meccanismo garante delle buone procedure. La commissione ha richiesto il contributo delle associazioni delle donne a sorvegliare la corretta attuazione delle norme che verranno presto definite, secondo quanto scritto nel decreto istitutivo». Sono le considerazioni della dottoressa Maria Renne, chirurga senologa AOU Mater Domini di Catanzaro, nonché responsabile regionale di Anisc, (Associazione nazionale italiana senologi chirurghi), la quale rimarca «l’esito proficuo dell’audizione avuta con l’organismo consiliare; un momento importantissimo di confronto e di programmazione». Della messa a regime delle attività delle Breast Unit della Calabria la dottoressa Renne ha parlato anche durante l’iniziativa organizzata nei giorni scorsi dalla Susan Komen Italia a Falerna: un convegno che ha costituito il momento conclusivo di due settimane dedicate alla prevenzione e alla cura del cancro al seno.  Il simposio di Germaneto e l’evento di Falerna, cui hanno partecipato medici ed esperti di tutte le discipline, hanno evidenziato dei concetti fondamentali e cioè che la prevenzione è alla base di ogni forma di cura. «Prevenire – si legge nella nota – vuol dire intercettare la neoplasia quando è ancora ad uno stadio iniziale, consentendo così alla paziente di fronteggiare adeguatamente gli effetti devastanti della malattia. Le donne devono prendersi cura della propria salute e, per poterlo fare, devono essere informate con una adeguata campagna di prevenzione e sensibilizzazione. Durante il congresso svoltosi alla Cittadella, con la partecipazione di esperti nazionali dei processi organizzativi e degli ‘attori regionali, sono state esaminate le criticità e le difficoltà oggettive che le strutture complesse per la prevenzione e la cura della neoplasia mammaria incontrano quotidianamente. Ostacoli burocratici per lo più determinati dalla mancata armonizzazione delle giuste norme scritte nel decreto 100 che ha istituito le Breast Unit e la loro non ancora completa realizzazione». 

Diagnosi precoce e giuste cure

«Quella sulle Breast Unit è una legge democratica – ha sottolineato la dottoressa Renne – perché si prefigge la presa in carico delle donne di qualsiasi ceto sociale e predispone negli ospedali giuste cure. Il fine, il ‘prodotto’ della legge sulle BU è la guarigione di molte donne grazie alla diagnosi precoce e alle giuste cure, unitamente al ritorno alle loro solite attività, gran parte delle quali sono a sostegno del welfare. Il tassello mancante è il controllo da parte dell’ente regionale; ciò è stato evidenziato durante l’audizione con la commissione Sanità; controllo che verrà presto attivato in costante sinergia con i sanitari impegnati in campo». Inoltre, sempre in occasione del congresso alla Cittadella, è stato sollecitato un rapporto stretto tra le Breast Unit e le associazioni dei pazienti che fanno un’opera di sensibilizzazione capillare sui territori. «Anche perché – conclude la nota – è stato statisticamente accertato che le pazienti che si affidano alle cure delle Breast Unit hanno una probabilità di sopravvivenza nettamente superiore alle altre. In Calabria, nell’ultimo anno, sono stati registrati 1280 nuovi casi: l’auspicio comune, il messaggio lanciato alle istituzioni è che ogni donna che si ammala in Calabria possa curarsi nelle strutture esistenti sul territorio, senza alimentare il triste fenomeno dell’emigrazione sanitaria».

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