CATANIA «Non ero in me». È quanto ha detto a conclusione della confessione Marina Patti, 23 anni, la madre della piccola Elena Del Pozzo, la bimba di 5 anni scomparsa ieri a Tremestieri etneo, in provincia di Catania. La mamma reo confessa ha fatto ritrovare il corpo della piccola in un campo incolto, sulla via Turati, a Mascalucia, nel Catanese.
La donna in un primo momento aveva raccontato che la figlia fosse stata rapita da un commando. Una storia che però non ha retto davanti le domande incalzanti degli inquirenti
La giovane ha confessato a carabinieri e procura di avere ucciso la figlia, ma nell’interrogatorio non ha saputo spiegare come e perché avrebbe commesso il delitto. Da quanto è emerso dunque il rapimento era solo una messa in scena per coprire l’omicidio. Ora la Procura sta procedendo alla richiesta di fermo per omicidio pluriaggravato e occultamento di cadavere.
La denuncia della madre da subito è apparsa «poco credibile» nella ricostruzione fornita agli inquirenti. Alcune “anomalie” sono emerse subito agli investigatori. La dinamica del sequestro nel racconto della donna: tre uomini incappucciati e uno armato di pistola. Nessun testimone, oltre lei, dell’episodio. Non chiama subito aiuto sul posto, telefonando al 112, ma prima va a casa e poi con i familiari dai carabinieri a presentare la denuncia. Anomalie che hanno portato carabinieri e Procura a pressioni sulla donna che ha rivelato dove trovare il corpo della figlia.
I carabinieri di Catania hanno trovato il corpo della piccola in un fondo agricolo distante alcune centinaia di metri dalla casa in cui la donna abitava con l’ex compagno e padre della bimba, Alessandro Nicodemo Del Pozzo, 24 anni.
«Martina Patti voleva incastrare mio fratello». È l’accusa che ha lanciato Martina Vanessa del Pozzo, zia paterna della piccola. «Un anno fa – racconta – mio fratello fu accusato ingiustamente di una rapina, ma fortunatamente fu scagionato completamente. Quando dal carcere passò ai domiciliari, sotto casa trovammo un biglietto di minacce con scritto: “non fare lo sbirro, attento a quello che fai”. Mio fratello non sa nulla di nulla. A quel biglietto la madre della bimba ha fatto riferimento dicendo che avevano rapito Elena».
«È mia nipote, non mi toccate, fatemi passare, voglio il suo corpo è mia…». Urla così, drammaticamente scosso, il nonno paterno di Elena, appena arrivato con la moglie sul posto del ritrovamento del cadavere della nipote. «Non credevamo possibile una cosa del genere. Un rapimento – prosegue – era impensabile. Non si poteva immaginare quello che è successo. Mi sembra tutto così strano, assurdo. La madre di Elena era una ragazza molto chiusa, ma non riesco a spiegarmi il motivo di quello che è accaduto. Ma adesso chi è stato deve pagare, anche chi l’ha eventualmente aiutata».
«C’è un angelo in paradiso o una mamma che non stava bene psicologicamente o qualcuno ha combinato qualche pasticcio. La nostra società ha gli eroi e i disgraziati. Che questa vicenda diventi un motivo per riflettere sul valore della vita è sull’assistenza da fare alle persone che non stanno bene con la testa». Così sulla vicenda della piccola Elena il parroco di Massannunziata e rettore del santuario di Monpilieri, padre Alfio Privitera.
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