COSENZA Dai pizzini usati da “Zu Binnu” Bernardo Provenzano alle chat criptate del numero uno della ‘ndrangheta, il fuggitivo ed ex superlatitante Rocco Morabito detto “U Tamunga”. In pochi anni, le mafie sono state capaci di cambiare, evolvendosi e trasformandosi in vere e proprie società per azione dedite alla commissione di reati. Anche informatici. Ad analizzare con dovizia di particolari il mondo del cyber crimine, i pericoli della rete, i nuovi reati e le novità che riguardano le indagini è il Prefetto Vittorio Rizzi, investigatore di grande esperienza, con un percorso professionale nel mondo della sicurezza. Quello contenuto nel suo ultimo libro “Investigazioni 4.0” è un viaggio che parte dal sopralluogo e all’esame dei crimini più gravi fino ad arrivare alla vittimologia, alla nascita della violenza, alla comunicazione e al giornalismo investigativo. Oggi, a Palazzo Arnone a Cosenza, la presentazione.
«Il rapporto con la comunicazione era sotterraneo e sottovalutato, oggi la componente del giornalismo investigativo, in altri Paesi motore di cambiamenti culturali, impone una riflessione sul dialogo da intraprendere e sulla ricerca di un codice che metta in relazione le investigazioni con il mondo della stampa», sottolinea Rizzi. Che aggiunge: «Il tema della metamorfosi dei fenomeni mafiosi è un dato di fatto, in Calabria la ‘ndrangheta rappresenta un problema criminale importante, oggi la vostra Regione è più sicura rispetto ad altre parti del Mondo», chiosa Rizzi. Secondo il vice direttore generale della Pubblica Sicurezza e direttore centrale della Polizia Criminale «In Italia, grazie alle interdittive, alle misure di prevenzione vi è la possibilità di intercettare una impresa mafiosa e senza permetterle di partecipare alle gare d’appalto». Sul Pnrr, «è un fenomeno europeo, non partecipa solo l’Italia. Noi siamo attrezzati e anche la Calabria lo è, infatti, i rischi li intravedo di più all’estero e per questo il nostro osservatorio è diventato internazionale». E se il mondo è cambiato, a cambiare sono state proprio le mafie. Per Rizzi, «l’elemento di forza dell’Italia e anche della Calabria sono i 30 anni di lotta al crimine. Oggi si insabbia molto meno rispetto al passato». La polizia, dunque, si è adeguata alle nuove tecnologie per «confrontarci con un tema di carattere giudico, come ad esempio capire come sia possibile hackerare una piattaforma criptata. Per questo ci confrontiamo con i colleghi di Francia, Spagna, Belgio e Austria. La vera ricetta è rispondere ad un fenomeno criminale mondiale con una alleanza globale».
Sulle nuove tecnologie in mano alle forze di polizia è intervenuta anche il Questore di Cosenza, Petrocca. «Abbiamo delle possibilità che prima non avevamo, usavamo solo le intercettazioni. I mezzi più incisivi ci sono ma dobbiamo essere sempre un passo in avanti rispetto a chi li usa in maniera illegale. Oggi ci sono uffici che portano avanti indagini telematiche importanti».
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