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«La rete Stroke è rimasta un’utopia per colpa del Piano di rientro»

La cura dell’ictus rallentata dai commissari . La collaborazione contro il campanilismo e il nuovo corso di Occhiuto. Parla William Auteri

Pubblicato il: 15/06/2022 – 7:12
di Emiliano Morrone
«La rete Stroke è rimasta un’utopia per colpa del Piano di rientro»

COSENZA William Auteri è il direttore della Neuroradiologia interventistica dell’ospedale pubblico di Cosenza, unità operativa di cui è riconosciuta la qualità dei risultati. Il medico è considerato tra i maggiori specialisti italiani della disciplina ed è apprezzato anche per le sue doti umane. Lo abbiamo intervistato sulle risposte che il sistema sanitario regionale è in grado di dare in caso di ictus cerebrale e di altre patologie del cervello. Il primario ha dichiarato che «la rete Stroke è rimasta solo un’utopia», a causa del Piano di rientro. Ci ha inoltre parlato della collaborazione tra la Neuroradiologia interventistica dell’ospedale pubblico di Cosenza e la Radiologia dell’ospedale pubblico di Catanzaro, che ha definito «raro esempio di come si possa superare qualsiasi forma di campanilismo deleterio». Infine, secondo Auteri il nuovo commissario alla Sanità regionale, Roberto Occhiuto, ha avviato «un nuovo percorso, sicuramente più concreto di quello tracciato dalle precedenti figure commissariali».

Come viene trattato l’ictus in Calabria?
L’ictus cerebrale è una patologia importante e particolare perché rientra nel campo delle cosiddette patologie “tempo-dipendenti” come, ad esempio, l’infarto del miocardio e il trauma carnico maggiore; patologie che, al di là della loro intrinseca gravità, presentano conseguenze estremamente più gravi se non sono “correttamente” trattate entro un breve lasso di tempo dal loro esordio.
Affinché ciò si realizzi è pertanto necessario che esista un’organizzazione, una vera e propria “rete” assistenziale, che sia in grado di assicurare a qualsiasi persona e in qualsiasi posto essa si trovi un’eguale possibilità di cura.
La terapia dell’ictus cerebrale è profondamente cambiata negli ultimi decenni, sia per una migliore comprensione fisiopatologica della malattia sia per un perfezionamento dei mezzi diagnostici, rendendosi evidente come un intervento differente a quello tradizionale e, soprattutto, molto precoce, si traduca, in un’alta percentuale dei casi, in un outcome (risultato, nda) clinico nettamente migliore. E in tale “nuovo” percorso terapeutico, il trattamento endovascolare ne rappresenta una tappa imprescindibile.
Nascono così reparti dedicati alla cura di questo tipo di pazienti, reparti di terapia subintensiva denominati Stroke-Unit (SU), a loro volta distinti in SU di primo e secondo livello, in relazione alla possibilità di eseguire la sola terapia farmacologica o associare a essa anche la tecnica endovascolare.
La Regione Calabria ha redatto nel 2015, poi più volte ridisegnato, un percorso diagnostico terapeutico (PDTA) per la cura dell’ictus acuto che individuava, omogeneamente distribuite sul territorio, sette SU di primo livello e tre di secondo, con una rimodulazione del sistema del 118, vero motore di questa complessa organizzazione. Nel documento si sottolineava l’obbligo, da parte dei dg/commissari di allora, di realizzare nel più breve tempo possibile quanto stabilito e sottoscritto da tutti gli attori coinvolti (medici ospedalieri, delle Asp e del 118).
I Commissari, fatto ciò che ritenevano di fare, ci hanno di volta in volta salutati, e la rete Stroke è rimasta solo un’utopia. Delle sette SU di primo livello previste, soltanto due (Vibo e Crotone) oggi sono operative. Delle altre cinque (Castrovillari, Corigliano, Cetraro, Locri, Polistena) non c’è alcuna traccia. Del resto, come fare in assenza di medici specialisti e con attrezzature inesistenti o ai limiti della rottamazione? 
Delle tre SU di secondo livello, al di là di Cosenza, sede storica di una Neuroradiologia interventistica, da sempre riferimento regionale per il trattamento endovascolare di tutte le patologie vascolari cerebro-midollari, solo da qualche anno è operativa quella del Gom di Reggio Calabria, mentre per quanto riguarda la città di Catanzaro, è solo grazie a una recente convenzione tra la Neuroradiologia di Cosenza e la Radiologia dell’ospedale Pugliese che si è reso possibile attuare un percorso formativo allo scopo di attivare, anche in quel presidio, una SU di secondo livello. Una collaborazione che ha un grande valore anche simbolico, raro esempio di come si possa superare qualsiasi forma di campanilismo deleterio, e che ha portato a risultati estremamente lusinghieri, con più di venti pazienti con ictus trattati in meno di sei mesi dall’équipe congiunta Cosenza/Catanzaro e con ottimi risultati clinici. 

Perché ha assunto un ruolo preminente l’approccio endovascolare nella terapia dell’ictus cerebrale? 
La possibilità di far seguire alla terapia farmacologica anche la terapia endovascolare è un passo fondamentale, essendo oramai ampiamente dimostrato dai più importanti trial internazionali come l’associazione di questi due trattamenti (quello endovenoso e/o quello endovascolare) porti a un successo terapeutico estremamente elevato, con tassi di ricanalizzazione superiori all’80% e, conseguentemente, outcome clinici nettamente migliori rispetto alla sola terapia medica.

L’ospedale di Cosenza fa scuola per il trattamento dell’ictus?
A Cosenza l’attività di neuroradiologia interventistica ha avuto inizio nel febbraio del 1996, con il primo aneurisma trattato con queste tecniche, allora altamente innovative. Negli anni seguenti l’attività è cresciuta in maniera esponenziale e l’équipe di neuroradiologi interventisti, formatisi nel corso di questi anni, è oggi perfettamente in grado di affrontare qualsiasi problematica inerente al campo delle patologie vascolari cerebrali. Solo nell’ultimo triennio sono stati trattati per via endovascolare 260 pazienti con aneurisma cerebrale e circa 300 con ictus acuto.

Come siamo messi in Calabria con la formazione dei neuroradiologi interventisti?
Si tratta di una disciplina estremamente complessa che necessita di un lungo periodo di formazione (non inferiore a due anni), da svolgere in centri con casistiche molto ampie ed elevati standard qualitativi, strutturali e tecnologici, inseriti in Hub di secondo livello e in cui siano obbligatoriamente presenti una unità operativa di Neurochirurgia, una di Neurologia con Stroke Unit di 2° livello, una di Neurorianimazione e una di Neuroriabilitazione, strutture che rendano possibile un’adeguata formazione e forniscano la possibilità di continui colloqui ed incontri di discussione di casi con altri specialisti qualificati.
L’ospedale di Cosenza ha tutte queste caratteristiche e nel corso degli anni si sono formati tre ottimi neuroradiologi interventisti in grado di affrontare con la necessaria capacità le principali problematiche quali aneurismi cerebrali, malformazioni vascolari cerebro-midollari, ictus iperacuto e altre patologie a minor impatto numerico. Il reparto che dirigo è da sempre aperto a qualsiasi medico voglia avvicinarsi a tale disciplina e, in particolare, mi farebbe piacere ci fosse la presenza costante dei colleghi più giovani, meglio se specializzandi, che avrebbero la possibilità di vivere in prima persona esperienze conosciute solo sui libri.

Come si inserisce una Neuroradiologia interventistica quale quella di Cosenza nel contesto della rete ospedaliera calabrese?
La Neuroradiologia interventistica è una disciplina molto costosa, sia per le tecnologie necessarie sia per l’elevato costo dei devices impiegati.  Per tale motivo è stato ben precisato come sia opportuna la presenza di un centro di Neuroradiologia Interventistica solo negli ospedali Hub, con una distribuzione territoriale di circa 1 ogni 1.000.000 di abitanti, in accordo a quanto espresso nel Quaderno ministeriale 14 e dal DM 70 del 4 aprile 2015, in particolare riguardo alle dotazioni strutturali e tecnologiche, alla formazione e al numero minimo di interventi endovascolari effettuati ogni anno e all’adeguata presenza di personale medico e paramedico necessario per la copertura di turni h24. 
Quanto sopra detto deve essere tenuto in debito conto, perché soltanto così si assicura l’adeguato trattamento in urgenza ai pazienti con ictus iperacuto e altre patologie quali, ad esempio, gli aneurismi intracranici, come pure la sostenibilità economica delle scelte, così da non creare punti della rete diseconomici per numeri e casistica e non adeguati per esperienza dei professionisti, e, non meno importante, l’ottimizzazione gestionale delle risorse umane e tecnologiche.

Quali speranze ripone nel nuovo commissario alla sanità calabrese?
Dopo un lungo periodo segnato da commissari forestieri, poco inclini a comprendere le reali e urgenti necessità della nostra regione in campo sanitario, ho accolto con grande ottimismo la nomina del presidente Occhiuto quale commissario ad acta. 
Nelle mie vesti di direttore di Dipartimento ho già avuto la possibilità di un incontro, che ha ulteriormente rafforzato il convincimento dell’inizio di un nuovo percorso, sicuramente più concreto di quello tracciato dalle precedenti figure commissariali. Già il recente decreto commissariale apre nuove prospettive, riguardo, ad esempio, alla digitalizzazione dei Dea di I e II livello, alla riorganizzazione delle Centrali operative territoriali, all’acquisto di nuove tecnologie. Ma soprattutto ho constatato la massima disponibilità nel superare qualsiasi cavillo burocratico che finora ha impedito la rapida assunzione del personale sanitario necessario, disponibilità fino a ieri negataci. (redazione@corrierecal.it)

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