MILANO Finisce in amministrazione giudiziaria per un anno per infiltrazioni della ‘Ndrangheta la Spumador spa, nota azienda di bevande gassate con un fatturato annuo superiore ai 200 milioni di euro e il cui nome era comparso già in un’inchiesta della Dda milanese, coordinata dai pm Sara Ombra e Pasquale Addesso, che nel novembre 2021 portò ad arrestare 54 persone.
Il provvedimento è stato disposto dalla Sezione autonoma misure di prevenzione del Tribunale di Milano (giudici Roia-Tallarida-Pontani) al termine delle indagini del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Como, coordinate dal pm Paolo Storari, che hanno fatto emergere «un presunto meccanismo criminoso che puntava ad ottenere il controllo totale delle commesse di trasporto della società», con sede nel Comasco. Controllo, spiegano gli investigatori, «ottenuto mediante reiterate condotte estorsive, aggravate dal ricorso al metodo mafioso, ai danni di dirigenti e dipendenti della committente, di fatto assoggettata al volere degli ‘ndranghetisti, che imponevano le loro condizioni economiche» alla Spumador. I giudici hanno rilevato «una grave situazione di infiltrazione mafiosa nell’attività di impresa esercitata, perdurante dal 2018 sino ad oggi, che ha permesso a svariate società, riconducibili ad esponenti della ‘Ndrangheta, di operare indisturbate nel tessuto economico, alterandone le regole della concorrenza e ottenendo così ingenti vantaggi».
L’intervento dell’amministratore giudiziario, il professore Alberto Dello Strologo, come scrivono i giudici nel decreto di 50 pagine, «ove possibile d’intesa con gli organi amministrativi della società», ossia affiancandoli, «dovrà essere finalizzato» ad «analizzare i contratti in corso nel precipuo settore di infiltrazione», il trasporto merci, da parte della ‘Ndrangheta e «a rimuovere» quei rapporti con persone legate direttamente o indirettamente alle cosche. Tra il 2018 e il novembre 2021 (data degli arresti nella maxi inchiesta), spiega ancora il Tribunale, c’è stato un «totale assoggettamento» di Spumador alle «pretese estorsive avanzate dagli esponenti della famiglia Salerni con modalità tipicamente mafiose». E la «direzione della società» sarebbe stata «pienamente consapevole», ma per lungo tempo è «rimasta inerte». Come era già emerso mesi fa dagli atti, Attilio Salerni, col fratello Antonio, due dei fermati a novembre nella tranche lombarda della maxi inchiesta contro la ‘Ndrangheta, sarebbero stati gli esecutori materiali «di violenze e minacce nei confronti dei dirigenti» della Spumador. Attraverso intimidazioni i due avrebbero acquisito «il controllo e la gestione delle commesse di trasporto “conto terzi”» dell’azienda comasca «per il tramite di Sea Trasporti», società a loro riconducibile. E avrebbero partecipato «al “cartello” di imprese», insieme anche alle famiglie della ‘Ndrangheta Palmieri e Stillitano, con le quali avrebbero monopolizzato «le commesse di Spumador» utilizzando pure altre due aziende e «continuando a ripartire i profitti complessivamente ottenuti (dal 2015 al 2019)» di oltre 1,1 milioni di euro.
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