REGGIO CALABRIA La “pax” interrotta dalle pretese avanzate per il controllo del settore edilizio, i morti ammazzati e il sangue per imporre la supremazia criminale a Gallico. La faida tra i due gruppi di ‘ndrangheta espressione della cosca Condello, Rodà-Saraceno-Fontana da una parte e Cartisano-Chirico-Serraino dall’altra, viene minuziosamente ricostruita dagli investigatori nelle carte dell’inchiesta “All in 2” che ha portato questa mattina all’arresto di cinque persone ritenute responsabili di associazione di tipo mafioso e riconducibili alle cosche reggine Condello e Rugolino, oltre che alla locale di ‘ndrangheta operante a Oppido Mamertina. Le indagini – coordinate dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto della Dda Sara Amerio – hanno permesso di cristallizzare il contesto criminale dentro il quale sono avvenuti gli omicidi di Domenico Consolato Chirico e Giuseppe Canale, espressione delle due fazioni opposte e in guerra per il controllo del settore edilizio nel quartiere reggino.
Zio di Carmelo Giuseppe Cartisano, genero del defunto boss Paolo Surace, nonché esponente di primo piano della ‘ndrangheta di Gallico, Domenico Consolato Chirico venne brutalmente ucciso il 20 settembre 2010 dopo pochi mesi dall’uscita dal carcere. Chirico, scrivono qui inquirenti, era uscito «avanzando delle pretese anche nei confronti dell’altro gruppo interno ai Condello (quello dei Rodà-Saraceno-Fontana ndr), minando così quegli equilibri di ‘ndrangheta che erano stati in precedenza raggiunti». Un omicidio, in particolare, «maturato nell’ambito di uno scontro criminale, originatosi per la spartizione mafiosa di lavori di edilizia privata, sino a quel momento regolati da ben definiti e rigidi equilibri mafiosi». “Equilibri” che erano stati raggiunti con fatica a conclusione della seconda guerra di ‘ndrangheta nella città di Reggio Calabria con la cosiddetta “pax mafiosa” che aveva instaurato un nuovo assetto criminale. «Se questi hanno intenzione, questi, hanno intenzioni brutte e quindi hanno… hanno agganciato quest’organizzazione per prendersi Gallico e gli danno carta bianca!» «che ne sai se non si stanno organizzando appena escono questi? La guerra succede». Il racconto delle dinamiche interne alle due fazioni di ‘ndrangheta operanti a Gallico passa anche dalle conversazioni, captate dagli investigatori, tra l’avvocato Antonio Marra e un maresciallo. I due, scrivono qui inquirenti, «intrattenevano rapporti – diciamo così – “confidenziali” (ma di natura informale)». Secondo il maresciallo, «la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso» sarebbe stata l’ingerenza di Domenico Chirico nelle attività di «un imprenditore edile – scrivono gli inquirenti – in accordo con gli esponenti della cosca Saraceno Fontana, ragion per cui godeva della copertura mafiosa di costoro nell’ambito delle sue attività edili». L’imprenditore, secondo i racconti di Marra, avrebbe subìto anche il danneggiamento – poi denunciato – di un escavatore presso un cantiere proprio ad opera di Chirico. Una denuncia, sottolineano però gli inquirenti «assolutamente strumentale e priva di alcun apporto in termini di utilità alle indagini, ma anzi volto ad allontanare il sospetto che si tratti di attività estorsiva».
La conversazione tocca i momenti immediatamente successivi all’omicidio di Domenico Chirico e racconta non solo di un equilibrio ormai rotto, ma anche dell’instaurazione di un nuovo assetto di potere. «Vedi che il comandante ora Canale è! Canale Giuseppe è il comandante». Esponente della fazione Rodà-Saraceno-Fontana, Canale era considerato l’esecutore materiale dell’omicidio di Chirico e, dopo la sua morte, secondo i racconti del maresciallo a Marra aveva assunto la «reggenza dell’articolazione territoriale della ‘ndragheta a Gallico». Un nuovo status quo difficile da accettare per il nipote Carmelo Cartisano, che, secondo gli inquirenti, aveva immediatamente deciso di vendicarsi. Tant’è che Cartisano si era addirittura rifiutato di interloquire per gli avvocati Paolo Romeo e Antonio Marra – che in una conversazione captata lamentavano il danneggiamento dei locali ex “Fata Morgana”, utilizzati in occasione della “Festa del mare” – con Salvatore Saraceno (appartenente al gruppo opposto dei Rodà-Saraceno-Fontana). «Fatevi chiamare a Salvatore (Salvatore Saraceno ndr) che siete incazzato e gli dite di girare lontano, lontano da qua! Io non vado là sopra, perché ho il discorso di mio zio (Domenico Chirico ndr)», e poi ancora «chi ha avuto, avuto e chi ha dato ha dato!», diceva Cartisano «volendo coprire le proprie mosse», ritenendo Romeo e Marra «perfettamente in grado di ingerire in tale scelta operativa, in virtù del ruolo sovraordinato che ricopre nella ndrangheta reggina». «Intervenire con Saraceno e la palesata intenzione di non belligeranza a fronte di un fatto così grave come l’assassinio di Mimmo Chirico – scrivono gli inquirenti – non può che essere intesa in questo senso: evitare i contatti ed iniziare a jarmare la tragedia». La risposta all’omicidio Chirico arrivò, infatti, dopo pochi mesi con l’agguato consumato il 12 agosto 2011 quando, a colpi di pistola, dopo un inseguimento, Canale venne ucciso. Un omicidio «volto a riportare ordine nella locale», «finalizzato da un lato a vendicarsi del precedente omicidio di Domenico Chirico, dall’altro a recuperare il controllo ‘ndranghetistico del quartiere di Gallico di Reggio Calabria» e «ristabilire la supremazia dei Cartisano-Chirico-Serraino». (redazione@corrierecal.it)
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