REGGIO CALABRIA Nel processo “‘Ndrangheta stragista”, il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo ha depositato una nota dei carabinieri da cui emerge che il collaboratore di giustizia Annunziato Romeo, nella precedente udienza, ha ritrattato le sue dichiarazioni perché minacciato dagli esponenti di vertice delle cosche di Platì. È quanto emerso in aula nel processo che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise d’Appello e che vede imputati Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone condannati in primo grado all’ergastolo per l’omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo avvenuto nel 1994. Una vicenda di cui il Corriere della Calabria si già era occupata.
Nell’informativa, redatta dal colonnello Massimiliano Galasso comandante del Reparto operativo dei carabinieri, emerge che «il comportamento reticente del Romeo durante l’esame dibattimentale del primo giugno 2022 sia certamente collegato ad una convocazione di quest’ultimo da parte di esponenti del mandamento jonico, in particolare del territorio di Platì».
Una convocazione che sarebbe avvenuta dopo che Romeo, a volto coperto, ha rilasciato un’intervista a una trasmissione andata in onda nel maggio 2021 su “Sky-Tv8”.
Secondo gli inquirenti, il pentito sarebbe stato riconosciuto grazie al «tratto finale dell’orecchio sinistro». Sono emersi, inoltre, «elementi di convergenza» tra l’intervista rilasciata da Romeo e le dichiarazioni dello stesso in un interrogatorio del 16 maggio 1996 all’allora sostituto procuratore della Dda Roberto Pennisi e all’ex dirigente della Squadra mobile Mari Blasco.
Interrogatorio il cui verbale, «debitamente sottoscritto», non è in possesso dei carabinieri che hanno recuperato il «solo file in formato elettronico acquisito dalla banca dati Sidda-Sidna presso gli uffici della Procura». Sia nell’intervista che in quell’interrogatorio, Romeo ha riferito sull’esistenza «di una componente apicale della ‘ndrangheta, all’interno della quale – si legge nell’informativa – operano, in maniera occulta, figure professionali di altissimo livello, legate ad apparati deviati delle istituzioni, massoneria e servizi di sicurezza».
Palesando «le proprie preoccupazioni su quanto emerso dalla trasmissione», dopo la messa in onda dell’intervista, Romeo ha contattato uno dei due giornalisti il quale ha avvertito la Procura circa le confidenze ricevute dal collaboratore secondo cui «le consorterie criminali della piana di Gioia Tauro si sono adirate per sue compromettenti dichiarazioni, precisando che le famiglie sono state allertate da un professionista (avvocato) originario di Milano il quale avrebbe preso contatti con un legale di Palmi, affinché quest’ultimo interessasse, tramite i canali di ‘Ndrangheta, gli esponenti della consorteria di Platì».
Nunziatino Romeo, inoltre, avrebbe detto alla giornalista di aver incontrato «il sedicente avvocato di Palmi il quale gli ha riferito di aver interloquito sul punto con l’avvocato Romeo di Reggio Calabria», identificato secondo i carabinieri in «Paolo Romeo, recentemente condannato in primo grado nel processo ‘Gotha’ a 25 anni di reclusione perché ritenuto elemento di vertice della componente ‘riservata’ della ‘Ndrangheta».
Il processo è stato poi rinviato al 4 luglio. (redazione@corrierecal.it)
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