CATANZARO «Scarsa specializzazione» nei settori ad alta tecnologia e «difficile contesto istituzionale e socio economico». La Calabria non è una terra per l’innovazione: lo rileva l’ultimo rapporto annuale dell’economia calabrese stilato dalla Banca d’Italia-Filiale di Catanzaro. La “misura” di questa criticità è contenuta in un dato, relativo alle start up innovative, cioè alle imprese giovani o nascenti ad alto contenuto tecnologico e che presentano un elevato potenziale di crescita: per Bankitalia «alla fine del 2021 in Calabria le start up innovative erano 264, l’1,9% di quelle presenti in Italia, si tratta di poco più di 14 imprese ogni 100.000 abitanti, un valore nettamente inferiore a quello nazionale e del Mezzogiorno (rispettivamente 23,8 e 17,8)». Questo dato – prosegue il report della Banca d’Italia – «è in linea con la scarsa specializzazione del sistema produttivo calabrese nei settori ad alta tecnologia o intensità di conoscenza. La bassa concentrazione regionale può dipendere, almeno in parte, da fattori ambientali poco favorevoli alla creazione di nuove imprese innovative, in particolare la carenza di centri di ricerca, di incubazione e di accelerazione di rilievo nazionale, che si aggiungono al difficile contesto istituzionale e socio-economico locale in cui le giovani imprese calabresi si trovano ad operare». Per l’istituto «il divario nella presenza di start up innovative in regione nel confronto nazionale si è ampliato particolarmente nell’ultimo biennio. Tra il 2014 e il 2019 il numero di start up innovative con sede in Calabria era costantemente cresciuto, analogamente a quanto avvenuto a livello nazionale. Nel corso della pandemia, invece, si è assistito a una dinamica differenziata: mentre in Italia e nel Mezzogiorno è continuata la crescita (rispettivamente di circa il 30 e il 35per cento tra il 2019 e il 2021), in Calabria – rileva Bankitalia – il numero è rimasto sostanzialmente stabile, a dimostrazione di una minore capacità di adattamento ai nuovi scenari caratterizzati dalla centralità dell’economia digitale e dello smart working. In particolare nel biennio 2020-21 si è drasticamente ridotto il tasso di natalità delle imprese innovative». Secondo la Banca d’Italia «eispetto al contesto nazionale non si riscontrano invece differenze di rilievo con riguardo ai settori di attività economica e alle caratteristiche di governance delle imprese. A fine 2021 l’80 per cento delle start up calabresi risultava attivo nel comparto dei servizi, in particolare nell’ambito della produzione di software e consulenza informatica, di servizi di informazione e comunicazione e nella ricerca scientifica e sviluppo; la presenza di start up operanti nell’industria è minore della media nazionale, in linea con il peso limitato del settore industriale a livello regionale. Analizzando la composizione degli organi sociali, le start up innovative con prevalenza femminile (vale a dire in cui le quote di possesso e le cariche amministrative sono detenute in maggioranza da donne) sono il 13,3 per cento; quelle a prevalenza giovanile (under 35) sono il 18,2 per cento del totale. In entrambi i casi, si tratta di dati leggermente superiori alla media nazionale (rispettivamente, 12,3 e 17,5 per cento)». (redazione@corrierecal.it)
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