In Calabria oltre un quarto delle donne non lavora né cerca lavoro per esigenze familiari, un dato che pone la Calabria ampiamente al di sotto della media nazionale ed europea. A rilevarlo, citando dati dell’Istat, è l’ultimo rapporto annuale sull’economia della Calabria curato dalla Filiale di Catanzaro della Banca d’Italia. Il dato di sintesi è che «il divario rispetto al resto del Paese nel tasso di attività per le donne calabresi rimane quasi il doppio di quello che si registra per gli uomini», scrive Bankitalia allegando una tabella dalla quale si evince che il tasso è poco oltre il 40% per le donne mentre per gli uomini sfiora l’80%. «Secondo la “Rilevazione sulle forze di lavoro” dell’Istat, il divario di genere nei tassi di partecipazione al mercato del lavoro in Calabria è nettamente superiore alla media italiana ed europea). Dal 2004 – aggiunge l’istituto – tale divario è diminuito in regione solo di 1,2 punti percentuali, una dinamica peggiore rispetto alla media sia italiana sia europea, per le quali si è assistito a una progressiva e più intensa riduzione». Le cause? Per la Banca d’Italia «oltre che dalle difficili condizioni del mercato del lavoro regionale, la minore partecipazione femminile può risentire anche dei problemi di conciliazione tra la vita lavorativa e quella privata, dal momento che gli oneri di cura della famiglia non sono equamente ripartiti tra i generi. Secondo i dati Istat, nella media degli anni 2015-20 in Calabria circa il 28 per cento delle donne inattive dichiarava di non lavorare e di non cercare lavoro per esigenze familiari, a fronte del 3,7 per cento tra gli uomini. Per le donne con figli piccoli i carichi di cura della famiglia possono risultare però particolarmente onerosi e proprio tra i genitori di bambini in età prescolare il divario di genere nei tassi di attività risultava più accentuato». In Italia nelle province dove la disponibilità di servizi di assistenza alla prima infanzia è maggiore vi è anche un tasso più elevato di attività delle madri di bambini con meno di tre anni e risulta più contenuto il divario nel tasso di partecipazione delle madri rispetto alle altre donne, a parità di età, titolo di studio e cittadinanza, ma questo quadro non si riscontra invece in Calabria, dove – rileva ancora Bankitalia – «la disponibilità di servizi di assistenza alla prima infanzia – sia asili nido che servizi integrativi (pubblici, privati o privati convenzionati con il Comune) è più contenuta che in Italia. Nel 2019 i posti autorizzati in servizi di cura per la prima infanzia, per quasi due terzi costituiti da asili nido, erano pari al 10,9 per cento del numero di bambini nella fascia di età 0-2 anni (26,9 in Italia)». (redazione@corrierecal.it)
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